L’era di Roberto Maroni alla guida della Lega e’ iniziata. Il nuovo Carroccio, piu’ giovane e intraprendente ma con all’interno ancora le scorie della lunga guerra interna tra fazioni, prende lentamente forma. E prova a muoversi lungo le linee programmatiche indicate, ieri soltanto, dal neo-segretario al congresso federale ad Assago.
Via da Roma e ‘dalle sue poltrone’; opposizione ferma al governo Monti e attenzione massima al territorio ‘padano’: sono queste le tre ‘promesse’ di Bobo al popolo leghista. Un tentativo per rilanciare un partito che i sondaggi danno in serie difficolta’, addirittura sotto l’eventuale soglia di sbarramento per l’ingresso in Parlamento.
Intanto, il Pdl e’ alla finestra in attesa di comprendere se ‘l’asse del Nord’ potra’ rivivere anche con Maroni alla guida del movimento leghista. Sulla bilancia mette la tenuta della giunta Formigoni alla Regione Lombardia: al momento questo asse locale e’ indispensabile per entrambi i partiti.
Maroni e’ gia’ al lavoro. Come primo compito si e’ dato quello della riorganizzazione interna del movimento: in settimana riunira’ il nuovo consiglio federale, dove i suoi uomini hanno la stragrande maggioranza. L’ex responsabile del Viminale indichera’ i tre vicesegretari: uno sara’ vicario e, in base allo statuto, veneto per bilanciare lo strapotere lombardo.
Proprio il consiglio federale, al quale partecipa anche il neo-presidente Umberto Bossi, deliberera’ la decisione di lasciare ‘Roma ladrona’. Maroni l’ha promesso alla folla del congresso che urlava ‘secessione’. Ha spiegato che finora la Lega non e’ riuscita ad ottenere la ‘liberta’ per la Padania’ e che e’ arrivato il momento di provare altre strade.
L’addio a Roma significa che il Carroccio dovrebbe ritirare le proprie delegazioni dal Parlamento. Il condizionale e’ d’obbligo perche’ nella Lega nessuno lo ha ancora detto a chiare lettere. A quel punto, pero’, non e’ chiaro se i leghisti si ritireranno anche dalla Rai e dalle partecipazioni in commissioni ed organi istituzionali.
La ‘mossa’ di Maroni ha il vantaggio di coprire una eventuale impossibilita’ di portare una delegazione in Parlamento. Se i sondaggi dovessero confermare il trend negativo, infatti, il Carroccio non potrebbe garantirsi gli attuali 70 parlamentari che ora siedono tra Camera e Senato. Non tutti sono d’accordo. Ma a chi si oppone alla proposta puo’ sempre essere rinfacciato di essere interessato soltanto ‘alla cadrega’ e non al partito.
Lasciare Roma andrebbe a braccetto con la nuova campagna di ‘disobbedienza fiscale’, rilanciata ieri. I ‘lumbard’, dopo il fallimento del boicottaggio dell’Imu, ci riprovano con la proposta di ‘disobbedire al patto di Stabilita’ ‘. D’altronde, Maroni e’ stato chiaro ad Assago: ‘sindaci e governatori leghisti’ dovranno essere i ‘guerrieri’ del partito. A quel punto, ci si deve concentrare sul territorio. Maroni vuole che la nuova Lega torni a parlare direttamente alla gente.
In chiave politica, significa stringersi attorno ai governatori di Veneto e Piemonte: veri punti di forza del movimento. E poi puntare alla conquista della Regione Lombardia. In questa ottica vanno letti i rapporti sempre piu’ stretti, malgrado le minacce, con l’attuale governatore Roberto Formigoni: c’e’ la volonta’ di subentrare al suo posto per creare un asse ‘padano’ Piemonte-Lombardia-Veneto.
Il Pdl a Roma guarda con attenzione i movimenti dell’ex alleato. In gioco c’e’ la tenuta della giunta lombarda, ma anche le prossime amministrative. Il segretario Angelino Alfano conta molto sul rapporto personale con Maroni. Ma, se davvero la Lega lasciasse Roma, l’asse che si e’ creato sulle riforme al Senato andrebbe in crisi mettendo in serie difficolta’ il Pdl.
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