Cominciamo con l’evitare le solite frasi di più o meno sincero cordoglio e a volte di vera ipocrisia e se chi legge ha veramente a cuore il problema offra intanto alla Caritas della sua città l’equivalente di almeno un’ora di lavoro al mese. Un piccolo segno concreto di solidarietà, perché se a Lampedusa c’è emergenza la stessa emergenza si vive da mesi in tutta Italia per migliaia di situazioni disperate di italiani e di immigrati che non ce la fanno più ad andare avanti. L’aiuto della Caritas (e indico questa specifica organizzazione perché la conosco bene ed è attiva in tutta Italia) è prezioso in un quadro di onestà e serietà. Meglio ancora che questo aiuto sia continuativo e se chi legge ha un po’ di tempo lo dedichi ad una collaborazione diretta con questa o qualche altra associazione simile: ne uscirà arricchito prima di tutto a livello intimo e personale.
Fatto questo o qualcosa di analogo (perché chi non lo fa non ha il diritto di disquisire) affrontiamo ancora una volta il problema della immigrazione clandestina senza ipocrisie e ricordando che coloro che cercano di raggiungere il nostro paese dal Canale di Sicilia sono solo una minima parte dei disperati che ogni giorno si indirizzano verso l’Europa e l’Italia.
In buona sostanza – dato per scontato l’aiuto immediato e di emergenza verso tutti che è comunque assolutamente doveroso – come Italia e come Europa dobbiamo prendere una decisione senza ipocrisie: accettiamo o contrastiamo l’immigrazione clandestina? Se la accettiamo senza regole la strada è fatalmente verso un “liberi tutti” e allora ci si muova nella strategia dell’accoglienza con investimenti opportuni ed indispensabili (e qui l’Europa ha molte responsabilità), se invece non si vuole accettare questo fenomeno allora si deve contrastarlo sul serio.
Nel primo caso si deve investire in centri di accoglienza ed identificazione, ma bisogna anche avere consapevolezza che se oggi si accolgono 1000 persone domani saranno 2000 e poi 10.000 perché in Africa, in Medio Oriente, in Asia ci sono decine di milioni di persone in condizioni disperate e buona parte di loro vorrebbero venire in Europa perché sperano di stare meglio ed è profondamente umana questa speranza e questa necessità. Siamo pronti, li accettiamo, li aiutiamo? Se passa il tam-tam “se arriviamo lì siamo a posto” il traffico aumenterà, rendiamocene conto.
Per 155 naufraghi che ora saranno accolti a Roma il sindaco Marino va sui giornali e si guadagna l’applauso, ma quanti migliaia di senzatetto ha già la capitale e chi accoglierà quelli che arriveranno domani? Oltretutto già oggi non si riesce a respingere l’immigrato clandestino al proprio paese perché neppure lo si conosce e quindi questa gente diventa immigrata clandestina cronica con detenzione in “centri” che spesso sono autentici lager da cui pian piano però si “filtra” di fatto fuori, di solito per uscire dall’Italia verso il nord Europa. Numeri, non opinioni: l’anno scorso sono stati effettivamente accompagnati alla frontiera (e magari sono rientrati due ore dopo) 4.014 stranieri, meno dell’1% di quelli stimati (per difetto) essere oggi in Italia: solo in questo dato è contenuto il fallimento della “Bossi-Fini”, ma anche di tutte le norme che l’hanno preceduta.
Una volta di più c’è una ipocrisia spaventosa a cavillare per chi vuole entrare in regola (e allora la burocrazia è infinita) e chi lo fa clandestinamente e verso il quale di fatto poi “si chiude un occhio” ma che se non va a nord entra in un circuito di clandestinità dove altri sfruttatori lo sfrutteranno. Allora accogliamo tutti? E’ una alta e nobile concezione etica e morale soprattutto per chi fugge da teatri di guerra, ma allora accettiamone le conseguenze con milioni di arrivi potenziali.
Forse – in entrambi i cosi – l’Italia e l’Europa dovrebbero intanto essere più presenti non solo e non tanto a Lampedusa, ma sulle opposte coste del Mediterraneo. Gli scafisti albanesi – ricordiamocelo – hanno sospeso il “lavoro” quando i gommoni sono stati distrutti a terra e mitragliati (vuoti!) dai nostri militari e il traffico non “rendeva” più perché era diventato troppo pericoloso. Questo NON avviene in Mediterraneo là dove le autorità libiche (ma anche tunisine ed egiziane) di fatto non esistono più o sono nelle mani della mafia che è attenta regista del traffico. Gheddafi mi era antipatico, ma l’intesa con l’Italia che ci ha permesso (come in Albania) di creare pattugliamenti misti nelle stesse acque territoriali libiche ha fermato alla partenza per mesi migliaia di immigrati. Se l’Europa volesse veramente bloccare almeno questo flusso migratorio con i droni (gli aerei-spia senza pilota) è possibile controllare e impedire ogni partenza intercettandola appena prende il mare, non al capolinea. Se lo si vuole fare lo si può, ma bisogna volerlo e fornire ovviamente assistenza alla partenza per convincere i migranti a non partire, magari ampliando gli spazi di una immigrazione controllata.
La cosa più assurda è comunque di dare l’impressione di essere leoni (a parole) ma gattini nella pratica, come sta facendo l’Italia, ovvero minacciare espulsioni formali e poi non applicarle quasi mai.
Servirebbe anche un chiarimento europeo: cosa vuol fare l’Europa per tutelare le sue frontiere? Non è vero che non stia contribuendo, ma come vengono spesi questi fondi – comunque insufficienti – è un mezzo mistero, visto che servono per molti “fronti” dalle Canarie a Gibilterra alla Sicilia. Mai come ora servirebbe comunque una legislazione comune europea che purtroppo non esiste.
Un aspetto infine sugli scafisti, che regolarmente “spariscono” e la fanno franca dopo aver taglieggiato la miseria. Possibile che non si possa varare una legge di inasprimento ossessivo delle pene affinchè i nuovi mercanti di schiavi – se finalmente presi (ma bisogna volerlo fare) – restino a marcire a vita in una cella? E non solo i marinai dei barconi ma soprattutto le menti, la “cupola”, chi ci guadagna. Solo una volta ho sentito che era stato arrestato un boss del traffico: come mai? Oppure si abbia il coraggio di distruggere i barconi (vuoti) alla fonda sulle coste libiche: senza barche non si traversa e solo così meno persone – persone come me e come te che leggi, con gli stessi diritti e dignità – finiranno in fondo al mare. Il caso Albania dovrebbe pur aver insegnato qualcosa.
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