Filippo Taddei, responsabile economico del Partito Democratico, è intervenuto ai microfoni di Radio Cusano Campus. Jobs Act. “Il Jobs Act è stato pensato affinchè, una volta manifestata la ripresa, quella ripresa si sarebbe trasformata in creazione di posti di lavoro a tempo indeterminato – ha spiegato Taddei -. C’è un grande salto di filosofia anche concettuale nel modo in cui tuteli il lavoratori. Non fa piacere a nessuno che ci sia un calo dei contratti a tempo indeterminato. Ma da qui a dire che il jobs act è fallito ci passa il transatlantico. Il jobs act è un provvedimento di sinistra, di una sinistra che comprende come è cambiato il mondo del lavoro e che chiede alla tutela di andare dove si sono spostati i lavoratori e non il contrario, perché i lavoratori si muovono di più nell’ambito del lavoro rispetto al passato”.
Calano i contratti a tempo indeterminato e crescono i licenziamenti. “Si dice che il calo dei contratti a tempo indeterminato sia il fallimento del jobs act – ha affermato Taddei -. Ma i contratti di lavoro a termine calano di 56mila unità. Se il jobs act fosse stata un’operazione di precarizzazione, noi osserveremmo un calo dei rapporti a tempo indeterminato maggiore rispetto a quello dei contratti a termine. Il dato sui licenziamenti? Nel 2014 i licenziamenti totali erano 306mila, prima del jobs act e con l’articolo 18. Nel 2016 304mila. Ci sono 2mila licenziamenti in meno. Non è vero che il jobs act ha dato mano libera ai licenziamenti. C’è stato un grande calo delle dimissioni, da 527mila nel 2014 a 510mila nel 2016. Magari questo calo è dovuto alla stretta del governo sulle dimissioni in bianco. Nella difficoltà il jobs act tutela più i lavoratori rispetto al mercato precedente? Io dico sì”.
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