L’Italicum è legge. La riforma elettorale è stata approvata dalla Camera con 334 voti favorevoli e 61 contrari. Il voto, a scrutinio segreto, ha visto leggermente salire leggermente il numero dei dissidenti tra Pd e centristi. Le opposizioni (M5S, Lega, Sel, Forza Italia e Fdi) invece hanno optato per l’Aventino e hanno disertato l’aula. Soddisfatto il premier Matteo Renzi, il cui commento arriva puntuale su Twitter: "Impegno mantenuto, promessa rispettata. L’Italia ha bisogno di chi non dice sempre no. Avanti, con umiltà e coraggio", scrive.
Dello stesso tenore le parole della ministra delle Riforme Maria Elena Boschi: "Missione compiuta – dice -. Avevamo promesso una legge elettorale che dava la sera stessa del voto un presidente certo e lo abbiamo mantenuto".
Archiviato il risultato, ora si aprono due questioni: il futuro del Pd e soprattutto la riforma costituzionale. Per quanto riguarda il primo, Pier Luigi Bersani ha sottolineato che il dissenso è stato "ampio". Questo però non vuol dire scenari di disfacimento, ha subito puntualizzato l’ex capogruppo Roberto Speranza: "Scissioni? Non esistono proprio. Io credo in questo partito e resterò in questo partito fino alla fine. Il problema è far emergere un punto di vista diverso dentro il partito".
Ma è stata la riforma del Senato la vera protagonista della giornata. Visto che l’esito del voto sull’Italicum era di fatto scontato, a mezza voce tutti hanno iniziato a chiedersi: e dopo? Perciò l’interesse a questo punto delle opposizioni – fatto salvo un "appello al presidente della Repubblica Sergio Mattarella di non firmare l’Italicum e di rinviarlo alla Camera" da parte del Movimento 5 stelle – si sta coagulando proprio intorno a questo prossimo passaggio e lo stesso Speranza non ne ha fatto mistero: "Non voglio entrare nel dibattito – ha spiegato – a quello ci penseranno i senatori. Ma avere una Camera di nominati come quella generata dall’Italicum, e un Senato non elettivo, come da previsioni della riforma costituzionale, non è accettabile".
-"Con questi voti la riforma costituzionale non passerà mai", ha infatti rilanciato subito il capogruppo alla Camera di Forza Italia, Renato Brunetta. "Siccome al Senato le regole restano le stesse – ha spiegato il suo collega di partito Augusto Minzolini – con lo sbarramento all’8%, lì il Governo per avere la fiducia dovrà cercarsi un appoggio. Se blocchi la riforma costituzionale, blocchi il Governo del partito unico". Il vicesegretario Lorenzo Guerini però non mostra di preoccuparsi troppo: "A ogni passaggio si preannunciano le barricate. Io voglio cogliere invece – ribatte – il valore positivo anche del dibattito di oggi". Alla fine del giorno, l’Italicum è legge. E tra le opposizioni che gridano al golpe, e i renziani che parlano di grande passo avanti per il Paese, sintetizza l’ex ministro centrista Rocco Buttiglione: "Questa legge – dice – soffre di un errore fondamentale di tutta la discussione italiana di questi anni, che è partita dal pregiudizio che il presidenzialismo è fascista, e ha tentato di ottenere risultati presidenzialisti su un impianto di materia elettorale. Con risultati che vedremo, Dio ce la mandi buona".
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