Riforme istituzionali e legge elettorale sono i due temi che saranno preponderanti nei lavori della XVII legislatura. Erano punti fondamentali già nel documento programmatico stilato dai cosiddetti “saggi di Napolitano” che, sarebbe bene ricordare, hanno proposto (ad eccezione del sen. Mario Mauro di Scelta Civica) l’eliminazione della Circoscrizione Estero e dei suoi rappresentanti. E questi temi sono al centro dell’impegno governativo del Premier Letta che nel suo discorso in parlamento ha lanciato un ultimatum inequivocabile: "Riforme entro 18 mesi o lascio".
Dopo le negoziazioni di rito tra maggioranza e opposizione, in questa settimana sono state finalmente costituite le Commissioni parlamentari. Date le premesse è evidente che, tra tutte, la Commissione Affari Costituzionali avrà un ruolo centrale e strategico in questa legislatura perché sarà qui che si discuteranno le riforme necessarie per il Paese. Ciò che salta all’occhio è che la maggior parte degli eletti all’estero (9 deputati su 12) ha aderito alla Commissione Affari Esteri: in particolare alla Camera due parlamentari di Scelta Civica, quattro del PD, l’unico del Pdl e l’unico eletto del M5S.
Se è vero che non tutti possono “scegliere” la Commissione parlamentare cui aderire – ciò è possibile in base al “peso” che si possiede nel gruppo di appartenenza – immaginate però quanto determinante sarebbe stata la presenza di ben 9 eletti all’estero nella Commissione Affari Costituzionali, nella quale degli eletti all’estero troviamo solo l’on. Ricardo Merlo, Presidente del MAIE. Evidentemente sarebbe stato meglio avere più parlamentari eletti all’estero nella Commissione Affari costituzionali, dove se decideranno le riforme essenziali per il Paese (e anche le sorti della Circoscrizione estero) invece di andare in massa nella Commissione Affari esteri dove, negli ultimi 7 anni, non si sono raggiunti significativi risultati per i residenti all’estero.
Marcelo Romanello, Consigliere CGIE Argentina
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