Il nostro direttore, Ricky Filosa, è stato intervistato da Itañolandia.com, un blog che nasce in Spagna e che si occupa principalmente di “itagnoli”, di quegli italiani che per un motivo o per un altro hanno deciso di trasferirsi in Spagna o in America Latina. E il direttore di Italiachiamaitalia.it è senza dubbio un “itagnolo” doc. Leggete l’intervista e capirete perché.
Perché ti definisci itagnolo? Di dove sei e dove vivi?
Sono cresciuto e ho studiato a Milano, e poco prima di compiere 20 anni mi sono trasferito ai Caraibi per cominciare un progetto di lavoro. Mi definisco itagnolo perchè vivo ormai da 15 anni nella Repubblica Dominicana, Caraibi, anche se negli ultimi anni, per lavoro, sono spesso a Roma. E proprio perché itagnolo, anche quando sono in Italia mi capita spesso di pensare in spagnolo e dunque a volte le due lingue si mischiano, col risultato di dare vita a parole nuove, itagnole appunto. Ma non credo sia solo una questione di lingua: a Santo Domingo e più in generale nell’America Latina i ritmi di vita sono più lenti rispetto a quelli a cui siamo abituati qui in Italia. Essere itagnolo dunque, secondo me, è anche un modo di vivere, oserei dire quasi una filosofia.
Sei il direttore di un giornale on line molto seguito dagli italiani all’estero. Parlaci di ItaliaChiamaItalia, come è nato e di cosa si occupa?
ItaliachiamaItalia è un quotidiano online che nasce nel 2006: è una testata giornalistica dedicata in particolare agli italiani residenti all’estero, pensata e creata per loro e da loro. Ho lanciato il progetto da Santo Domingo, per poi presentarlo ufficialmente, dopo qualche mese, alla Camera dei Deputati italiana. Il nostro giornale telematico tratta argomenti di approfondimento politico e attualità, di spettacolo e televisione, di economia e sport, ma il focus principale della testata online sono da sempre gli italiani nel mondo, con tutto ciò che li riguarda: la politica che a Roma si occupa dei loro problemi, le iniziative delle comunità italiane sul territorio, dalle Americhe all’Australia, passando per Europa Africa ed Asia.
Il nostro obiettivo principale è quello di mantenere un costante e puntuale canale di comunicazione fra l’Italia e il mondo, e viceversa; quindi, fra il Bel paese e gli italiani all’estero, ma anche fra le diverse comunità italiane presenti nei cinque continenti. Oggi posso dire di essere davvero soddisfatto per i risultati che siamo riusciti ad ottenere come giornale, anche se non ci accontentiamo di certo, perchè chi si accontenta è perduto, e puntiamo a continuare a crescere.
Certamente unico nel suo genere, ItaliachiamaItalia è diventato in pochi anni, grazie al lavoro, alla professionalità, alla passione, agli sforzi di una squadra giovane e dinamica, un punto di riferimento non solo per i connazionali che vivono lontani dallo Stivale, ma anche per coloro che, vivendo in Italia, desiderano avere una finestra sul mondo dell’emigrazione in generale.
ItaliachiamaItalia è ormai sinonimo di italiani all’estero, e gli italiani all’estero – che in migliaia ci seguono ogni giorno – lo sanno.
Quali sono le principali differenze culturali che hai notato tra il tuo paese di origine e quello di accoglienza?
Italia e Repubblica Dominicana sono due mondi, a mio modo di vedere, completamente opposti. Quando penso alla Repubblica Dominicana penso ad un’oasi di pace e di tranquillità, dove lavorare secondo me è un peccato: e lo dico proprio perché ho lavorato a Santo Domingo moltissimi anni, nel settore dell’import-export. Tuttavia, ho capito che ai Caraibi ci devi andare in vacanza, per goderti sole, mare, musica, per dedicarti a ciò che ti piace, dallo sport al turismo interno. Insomma, per rilassarti e divertirti. Il costo della vita, molto accessibile, te lo consente. In Italia è tutta un’altra musica: i problemi sono sempre gli stessi, il lavoro che non c’è e senza il quale non si può campare perché in Italia anche l’aria che respiri è troppo cara, il mutuo, le bollette da pagare… e l’orologio che va velocissimo e non ti dà mai il tempo di fermarti un attimo. Nonostante questo, in Italia ci sono dei posti che ti tolgono il fiato con la loro bellezza. Basta sapere staccare la spina al momento giusto. Amo il mio Paese e sono orgoglioso di essere italiano, ancor di più di essere un italiano all’estero.
Un abisso la differenza culturale fra Repubblica Dominicana e Italia: nella Repubblica Dominicana puoi vedere cose che in Italia non ti sogni nemmeno. Il dominicano in generale non pensa mai al futuro, ma solo a vivere il presente. Si preoccupa dell’oggi, e non del domani. Al contrario, su questo in Italia siamo più responsabili: pensiamo al futuro, programmiamo… Bisogna vedere, però, chi è più felice: il dominicano, che magari senza un soldo in tasca è capace di sorridere perché ha un mare meraviglioso e sole tutto l’anno, perché gode di quanto la natura gli ha messo a disposizione, o l’italiano, sempre alla ricerca disperata di quattrini per comprarsi l’ultimo paio di scarpe da tennis o il gingillo tecnologico appena uscito?
In che modo sono cambiate le tue abitudini?
Quando sono partito per Santo Domingo ho dovuto affrontare, per i primi mesi, momento difficili. Non conoscevo bene la lingua, non avevo amici, pensavo al lavoro e al progetto che avevo in testa. Poi, col tempo, mi sono integrato e sono diventato anche io, a mio modo, un dominicano, almeno in certe cose. Non ho cambiato troppo le mie abitudini: ho cercato di mantenere il mio essere italiano – soprattutto a tavola – , sforzandomi allo stesso tempo di conoscere a fondo e capire la cultura dominicana, prendendo tutto quel che di buono può offrire. Certo è che nel fine settimana, dopo avere lavorato cinque giorni di fila, me ne andavo al mare, in favolose spiagge caraibiche, da sogno: a Milano questo non l’avrei mai potuto fare. Sono una persona a cui sole e mare danno tanta energia: è soprattutto per questo che mi sono innamorato della Repubblica Dominicana.
Che consiglio daresti ai lettori che vogliono intraprendere un’avventura come la tua?
Consiglio a chiunque un’esperienza all’estero, soprattutto ai giovani. Conoscere altri Paesi, altre culture, può aprire un mondo di nuove possibilità. È una grande esperienza formativa, sia a livello umano che culturale, e può esserlo anche in ambito professionale. E magari, chissà, una volta partiti dall’Italia, i nostri lettori decideranno di tornarci sempre meno, come ho fatto io, e di crearsi una vita in Sud America, in Australia, o – senza andare troppo lontano – in Spagna, come voi. E allora anche loro entreranno a far parte a pieno titolo del grande universo degli italiani nel mondo.
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