Nel momento in cui si celebrano i funerali di Mirko Tremaglia, che vedranno certamente il saluto di tutte le più eminenti personalità delle istituzioni, della politica e dell’emigrazione, mancherà un tipo particolare di corona con nastro tricolore: quella del Senato.
Infatti, tutti coloro che in questi giorni si sono dedicati con impegno (e molti con sincera partecipazione, anche per una lunga conoscenza e collaborazione con lui) a commemorarlo ed a ricordarne le qualità umane e politiche, hanno dimenticato di evidenziare un vuoto nella sua vita politica di cui Tremaglia soffriva molto: la mancata nomina a Senatore a vita.
Questa nomina era stata ventilata sin da quando fu approvata la riforma costituzionale per l’istituzione della Circoscrizione Estero insieme con il diritto di voto attivo nella propria residenza per gli Italiani all’estero. In quel periodo, Tremaglia era all’opposizione con il partito di “Alleanza Nazionale” ma il suo impegno ed il risultato ottenuto, anche con i voti dell’allora maggioranza di centrosinistra, avevano fatto sperare che il presidente della repubblica, che all’epoca era Carlo Azeglio Ciampi, potesse provvedere a questa nomina. Fra l’altro, Ciampi è stato il presidente che si è distinto per aver ripreso e diffuso l’idea della Nazione, rendendo omaggio al Risorgimento, imponendo l’uso in ogni occasione rituale dell’Inno di Mameli (“Il canto degli Italiani”): e, per queste ragioni, era stato elogiato da Tremaglia, il quale peraltro aveva sempre avuto il massimo rispetto per le autorità istituzionali, a cominciare dal presidente della Repubblica.
Ma la nomina, che era stata anche avanzata pubblicamente sia dall’interno del partito di Alleanza Nazionale sia dall’esterno sulla stampa, non venne fatta.
A Ciampi succede Napolitano, altro personaggio che in occasione del 150° anniversario della costituzione dello Stato nazionale italiano ha parlato spesso di Nazione, di Unità della Patria, di sentimento patriottico. Anche con lui Tremaglia ebbe rapporti cordiali e quasi amichevoli, come ricorda lo stesso Napolitano nel suo messaggio di cordoglio affermando di aver “sviluppato rapporti di stima reciproca sul piano umano e sul senso di responsabilità nazionale” e constatando che “resta forte l’impronta del suo impegno per dare voce e rappresentanza agli italiani operanti all’estero”. Se queste erano le valutazioni dell’uomo, perché non si è proceduto alla sua nomina come senatore a vita, che avrebbe coronato una vita d’impegno politico e parlamentare al servizio della Nazione? Fra l’altro, Napolitano è in buoni rapporti con il presidente della Camera al cui gruppo parlamentare Tremaglia aveva aderito negli ultimi mesi della sua vita parlamentare. Quindi, “nihil obstavit” ad una nomina che probabilmente avrebbe riscosso il consenso e l’apprezzamento di tutti coloro che si occupano dell’emigrazione, come d’altra parte si è riscontrato in occasione della sua scomparsa.
Fra l’altro, questa nomina sarebbe stata conforme a quanto previsto dalla Costituzione, la quale all’art. 59 prevede che possano essere nominati senatori a vita cittadini che abbiano “illustrato la Patria per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario”: e “l’altissimo merito sociale” di Tremaglia sta nella sua quarantennale attività di parlamentare, nella fondazione di un’organizzazione dedita all’assistenza ed alla tutela degli italiani all’estero, nelle sue proposte – divenute legge – per l’istituzione dell’Anagrafe per gli Italiani all’Estero, dei Comites e del Cgie e – soprattutto – nella formulazione di una proposta costituzionale approvata dal Parlamento che ha portato ad una straordinaria innovazione, la presenza di parlamentari italiani eletti all’estero dall’Australia al Canada. D’altra parte, se vi sono senatori a vita come Colombo i cui “altissimi meriti” nessuno ricorda, o come il recentissimo caso di Mario Monti, ben poteva starci anche Mirko Tremaglia!
La verità è che dietro le parole altisonanti, dietro gli omaggi verbali e floreali, dietro le commemorazioni che certamente avverranno alla Camera dei Deputati, al Cgie, ed in tutte le occasioni che si presenteranno, non si perdonavano a Tremaglia due anni della sua vita, quelli trascorsi nella divisa militare della Repubblica Sociale Italiana: un senatore a vita con questa esperienza i presidenti della repubblica non possono farlo, a meno che non abbiano il coraggio e la capacità di resistere alle polemiche dei nostalgici della guerra civile.
Sta di fatto che in sessantaquattro anni di vigenza della Costituzione nessun appartenente all’area politica o culturale di Destra è stato mai nominato senatore a vita, e questo dato la dice lunga sull’ipocrisia di certi ripetuti inviti alla coesione nazionale. Tremaglia, per la stima ed il largo consenso di cui disponeva, poteva essere l’uomo giusto per rompere questo blocco ideologico che ancora grava sul nostro Paese, e forse qualcuno che riveste alte cariche, in questo momento di cordoglio si sta accorgendo dell’errore fatto nel non proporlo e nel non nominarlo.
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