Dopo oltre 500 anni il navigatore genovese Cristoforo Colombo continua ad essere oggetto di revisionismi storici e continuerà ad essere così almeno a breve scadenza. Come un dio Giano con due facce che guardano a due lati opposti, l’Ammiraglio è percepito in uno di essi, nel nord, negli Stati Uniti, come Christopher Columbus, eroe, personalità di prestigio, un mito, esponente del Rinascimento italiano. Apprezzato dai governi di turno, che gli rendono omaggio in cerimonie ufficiali come il “Columbus day” che, tra l’altro, è dedicato all’Orgoglio italiano.
L’altra faccia guarda a Sud, in Venezuela e Argentina, dove il giudizio di settori importanti del pensiero revisionista locale è lapidario: viene considerato un genocida o almeno il responsabile di una scoperta che poi si è tradotta in un fatto crudele e polemico, come la conquista e colonizzazione dei popoli originari. I due Paesi sono impegnati nel far sparire i monumenti del navigatore genovese anche se, mentre in Venezuela sono state distrutte le statue che lo ricordavano, Cristina Kirchner ha scelto per il monumento che si trova dietro alla Casa Rosada una tecnica meno estrema: smontarlo.
UN SIMBOLO CHE DIVIDE Quegli emigrati che ci precedettero e che tramite una raccolta popolare commissionarono allo scultore fiorentino Arnaldo Zocchi il monumento che regalarono alla città di Buenos Aires in occasione del primo centenario della “Revoluciòn de Mayo”, certamente non hanno mai immaginato che l’opera, col suo carico di simboli storici, culturali e sentimentali, avrebbe provocato tante polemiche ideologiche, discordie e conflitti politici, compresa la controversa decisione del governo di traslocarla, sostituirla dopo quasi un secolo della sua inaugurazione.
Un fatto che ha provocato una severa reazione di quasi tutta la società e in particolare della comunità italiana, al punto da far dimenticare i ricorrenti dibattiti su tematiche quali servizio consolare, assistenza, diffusione culturale, nella ricerca di una unità e un rinnovamento sempre proclamati come necessari e che la vicenda Colombo ha dimostrato che sono prioritari per contare effettivamente in rapporto alla proclamata qualità di maggiore comunità italiana all’estero.
OPERAZIONE MONUMENTO Negli ultimi mesi la statua di Colombo è stata tolta dal suo piedistallo, hanno smontato la base dalla quale guardava il fiume, porta d’accesso dei visitatori ed immigranti a Buenos Aires. Il bellissimo monumento che fu, giace smembrato nei giardini della Casa Rosada e i suoi pezzi, in marmo di Carrara sparsi, si deteriorano e sono una tentazione per i collezionisti di souvenir. Una “operazione monumento” a dir poco disordinata, impedita fino ad oggi dall’intervento dei giudici.
UNA “TELENOVELA” SUDAMERICANA Le insolite peripezie, scene sballate e surrealistiche alle quali è stato sottoposto il monumento, costituiscono gli elementi basilari della sceneggiatura di una “telenovela” latinoamericana a puntate, nella cui trama si intrecciano intrighi, accordi, tradimenti ideologici e non, e dispute politiche, mentre si è in attesa di un finale che per adesso non è noto.
Alcuni protagonisti principali di questa fiction, al di là del monumento a Colombo, sono: Cristina, la “dueña“ (la padrona), ne ruolo di una testarda, capricciosa e superba, apparentemente afflitta da un D.O.C. (disturbo – ossessivo – compulsivo) contro Cristoforo e tutto quanto lui rappresenta, il suo obiettivo è toglierlo di mezzo per ragioni – dice – ideologiche.
La “dueña” simula esortare al dialogo per risolvere i conflitti, ma in realtà non lo consente, per cui pretenderlo diventa una missione impossibile. Inoltre all’apparenza prova una certa avversione verso le comunità di origine europea, in particolare verso l’italiana.
La ragione per la quale vuole togliere Cristoforo dalla piazza, è per far posto a una delle sue ammirate eroine latinoamericane, la boliviana Juana Azurduy.
Il signore della città, Mauricio “il greco”. Essendo discendente di italiani, suo padre nato nel Bel Paese e in possesso anche della doppia cittadinanza, si sperava che fosse “uno dei nostri”, un “argentano”. In realtà quest’altro personaggio della nostra fiction, nega le sue radici calabresi, millantando una presunta ascendenza ellenica, ignorando forse, che l’antica “Magna Grecia”, comprendeva tra le altre, anche l’attuale Regione Calabria.
E come “la dueña”, nemmeno “il greco” prova grande simpatia per la comunità italiana, fino al punto di non adempiere alla promessa fatta a suo tempo ad essa: “il monumento non sarà portato via dalla piazza”. Eppur si muove, visto che ha firmato un accordo col governo nazionale per spostarlo, scusandosi col dire: “il mio obiettivo è risolvere conflitti. D’altra parte la storia del posto dove mettere il monumento non cambia la vita di nessuno”.
Terzo protagonista della fiction è la nostra collettività la quale di fronte ad una sfida nella quale ci sono in gioco valori come la fierezza, la dignità o gli affetti, non ha potuto fare a meno di protestare reclamando per il “suo” monumento. Anche se sono stati tanti gli indifferenti, i distratti impegnati nelle proprie preoccupazioni del vivere quotidiano, dall’insicurezza agli aumenti dei prezzi e delle tariffe, le restrizioni all’acquisto di valuta ed altro ancora.
Forse ci eravamo illusi di riunire un’altra volta le centomila persone che nel mese di novembre del 2000 avevano accompagnato la sfilata del tricolore più lungo del mondo e invece in questa occasione appena 250 persone hanno risposto all’appello a reclamare che il monumento non fosse spostato.
E’ mancata una strategia, un piano: manifesti nelle strade, spazi pagati nei giornali, conferenze stampa e una attività sistemica nelle reti sociali. E’ mancata una convocazione formale a personalità rappresentative, “ambasciatori dell’italianità” ai quali a suo tempo furono assegnati riconoscimenti vari. E’ mancata la firma di un documento di appoggio da parte di politici argentini di origine italiana e nemmeno i nostri parlamentari sono andati molto più in là di dichiarazioni formali, ma inconcludenti. Assenti le associazioni dell’interno dell’Argentina: anche se il monumento si trova a Buenos Aires, si tratta di un simbolo che ci rappresenta e la sua difesa dovrebbe essere un impegno morale di tutti, per onorare i nostri antecessori.
Dicono che le crisi generano opportunità; auguriamoci che questa aspra esperienza possa rivelarsi utile.
AFFARI DI FAMIGLIA Ad ogni modo in questo bilancio l’esperienza più dolorosa è stata la divisione della famiglia della collettività, il problema più spinoso da risolvere. C’è da augurarsi che vinca la ragione e che le differenze si risolvano attraverso il dialogo, il dibattito, la buona volontà e con spirito democratico.
LE DATE Anche se l’ultima speranza va riposta nella magistratura, le richieste presso i giudici non sono andate oltre alle misure cautelari che impediscono di spostare il monumento fuori dalla piazza. Ma si sa che la giustizia è lenta e in questo caso potrebbe essere ininfluente.
Ad ogni modo dovremmo tener conto di due date che potrebbero portare delle sorprese: il 12 luglio, giornata dell’amicizia argentino-boliviana, quando potrebbe essere inaugurata la statua a Juana Azurduy, e il 12 ottobre, quando, forse, potrebbe essere inaugurato il monumento a Colombo, nella nuova collocazione che, secondo le ultime notizie, potrebbe essere di fronte all’aeroporto Jorge Newbery, guardando al fiume.
L’ALBA DI DOMANI Probabilmente il trasloco del monumento non sarà evitato. Ma niente è per sempre e se il governo raggiungerà il suo obiettivo, bisognerà attendere i risultati delle elezioni presidenziali del 2015 quando un’altro governo subentrerà all’attuale di Cristina Kirchner. Se allora come collettivitá saremo riusciti ad avere il famoso “peso politico”, di cui tanto si è parlato, chiederemo una “riparazione storica”: che il monumento a Colombo, la nostra “Grande bellezza”, sia rimesso nell’ubicazione tradizionale e legittima che non avrebbe avuto abbandonare mai.
Discussione su questo articolo