Rossella Urru, liberata ieri, atterrerà all’aeroporto militare romano di Ciampino con un volo proveniente dal Burkina Faso. La cooperante sarda, sequestrata il 23 ottobre scorso da un gruppo vicino ad Al Qaeda nel sud dell’Algeria, è stata liberata ieri in Mali, con due colleghi spagnoli. In festa Samugheo, il suo paese, ma “grande gioia” è stata espressa, tra gli altri, anche dal Presidente Napolitano e dal premier Monti, che ha sottolineato il successo dell’Italia contro il terrorismo.
Una giovane determinata Rossella, che ha deciso di spendere parte della sua vita per sostenere progetti umanitari a favore dei profughi in una zona particolarmente problematica del Nord Africa, attraversata da povertà, conflitti, terrorismo: una zona che rischia di diventare una polveriera, sulla quale la comunità internazionale dovrebbe presto avviare una approfondita riflessione.
Il Sahel, la zona in cui prestava la sua opera ed è stata rapita nove mesi fa, è una sorta di piccolo Afganistan dimenticato, dove gruppi sparuti di volontari armati solo della volontà di far del bene, di aiutare persone in grande difficoltà, di promuovere il dialogo, la pace e la comprensione tra i popoli, lavorano fra mille pericoli.
Quanto sta accadendo da’ la netta impressione che, nell’alleanza islamica del nord del Mali, i gruppi che ne fanno parte abbiano ormai compiti ben precisi: Aqmi incarna l’ala militare; Ansar Dine impone la sharia nelle regioni ‘liberate’; il Mujao gestisce i sequestri. E lo fa anche bene, perché limita al massimo i comunicati, centellina le notizie (come ha fatto nel caso di Rossella Urru) e usa alcuni media "non ostili" quando c’e’ da fare pressione, magari facendo filtrare informazioni errate, come quella della liberazione degli ostaggi, con il solo scopo di fare montare la tensione nei Paesi d’origine dei rapiti.
Col senno di poi si può dire che la notizia del rilascio di tre diplomatici algerini, sui sette rapiti in aprile a Gao, sempre dal Mujao, poteva forse fare intuire una svolta positiva nel sequestro di Rossella Urru e dei due cooperanti spagnoli. Ma, davanti alle contorte logiche dei gruppi jihadisti, niente si deve mai dare per scontato.
L’incubo di Rossella – una vicenda che ha registrato una grande partecipazione dell’opinione pubblica con una vasta mobilitazione – e’ finito in una non precisata località del nord del Mali (da mesi saldamente in mano jihadista). La Urru ed i suoi due colleghi, rapiti il nel campo Rabouni, a Tindouf, dove c’e’ la più grossa comunità di saharawi, gli abitanti dell’ex Sahara spagnolo che non accettano la sovranità marocchina, furono sequestrati da un gruppo armato che, a bordo di pick-up, fece irruzione nel campo e li prelevò, sparendo letteralmente nella notte e lasciando aperti molti interrogativi, perché, colpendo i cooperanti, si colpiva il popolo saharawi, manifestamente sostenuto dai movimenti islamici.
E’ ancora presto per capire cosa sia accaduto in questi lunghi mesi e, soprattutto, cosa realmente si nasconda dietro questo sequestro che ha reso "famoso" il Movimento per l’unicità e la jihad nell’Africa occidentale, gruppuscolo dalle origini oscure, praticamente sconosciuto sino a pochi mesi fa e che ora dialoga con i Paesi (anche se i dinieghi ufficiali su presunte trattative sono unanimi) e si impone come protagonista nella magmatica situazione del nord del Mali, con una disponibilità economica sospetta, anche se si pensa che per rilasciare i suoi ostaggi si faccia pagare e bene.
Nei mesi scorsi il Mujao aveva chiesto, per la liberazione di Rossella Urru e Ainhoa Fernandez de Rincon, trenta milioni di euro. Nella trattativa non era stato fatto entrare il nome di Gonyalons, perché il Mujao voleva usare la sua minacciata eliminazione come leva nei confronti del governo di Madrid per ammorbidirne l’intransigenza.
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