“È necessario curare maggiormente l’immagine dell’Italia sia per quanto riguarda i mass media italiani che per quelli internazionali. La cura deve partire dal giornalismo italiano con una maggiore preparazione al tema, l’uso di una deontologia professionale che si rifaccia a documentazione veritiera e certa e a parole scevre di giudizi. Dilagano, invece, termini forti, allarmismo e notizie tendenziose spesso al servizio di questa o quella corrente politica. Occorre pensare alla formazione di una nuova classe giornalistica attenta, capace e soprattutto formata e specializzata in politica estera. Quest’ultima va considerata nella nuova accezione di ‘mondo globalizzato’ e di ‘spazi comuni’ in cui l’internazionalizzazione economica e l’interculturalità hanno modificato l’immagine e i limiti di ciascun territorio". È quanto sottolinea il Rapporto italiani nel mondo 2013 della Fondazione Migrantes.
"Che siano o meno iscritti all’Anagrafe degli italiani residenti all’estero, che facciano o meno parte dell’elettorato l’attenzione all’italiano all’estero in condizione di difficoltà è prioritaria – sottolinea la Fondazione Migrantes -. Tra questi non possono essere dimenticati i detenuti, le famiglie in condizioni di povertà e gli anziani disagiati che, all’estero, percepiscono la pensione oppure che si ritrovano ad affrontare grossi problemi burocratici. Una sensibilità nuova viene, invece, richiesta da quegli anziani che attualmente si stanno spostando fuori dai confini nazionali perché all’estero la pensione italiana permette loro una vita migliore. Ha riscosso ampio stupore il caso della Tunisia o, comunque, quello dei paesi del Nord dell’Africa prossimi all’Italia e per i quali si sono realizzati recentemente vari articoli di approfondimento e servizi televisivi. Particolare attenzione meritano anche le famiglie italiane in mobilità che per questioni lavorative, con o senza figli, vivono tra due o più nazioni convivendo con lontananza e mancanza di prossimità fisica. Occorre pensare a pratici sostegni a queste situazioni che spesso portano a ‘caos emotivi’ e ad affetti precari. Si considerino inoltre i migranti sconfitti dall’emigrazione che continuano nel loro turnover geografico o rientrano in Italia. Nelle parrocchie italiane questo fenomeno inizia ad essere particolarmente visibile e lo è anche all’estero, dove il sacerdote continua ancora a fungere da ‘soggetto del conforto’ per i giovani e i meno giovani in preda a depressione e forti crisi di identità".
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