Una lettura originale, ma in se’ plausibile e stringente, ha decisamente convinto ieri sera il pubblico del Theater an der Wien, alla prima del Trittico di Puccini con la regia di Damiano Michieletto. Il giovane regista veneziano, al suo debutto a Vienna dopo quello, la scorsa estate con Boheme, al Festival di Salisburgo, ha fatto centro offrendo una interpretazione personale delle tre opere pucciniane, ma convincente e accolta con entusiasmo dal pubblico: oltre dieci minuti di applausi alla fine, dopo tre ore e mezzo di recita con una sola pausa.
Michieletto, 37 anni e gia’ lanciatissimo, ha trovato il giusto amalgama per legare i tre atti unici, raramente eseguiti assieme: Il Tabarro, Suor Angelica e Gianni Schicchi. Sul podio dell’Orchestra sinfonica della radio di Vienna ORF, il maestro israeliano Rani Calderon, che ha sostituito Kirill Petrenko, che aveva avuto un piccolo incidente durante le prove. Scene di Paolo Fantin, costumi di Carla Teti, luci di Alessandro Carletti. Coro Arnold Schoenberg e dei bambini Gumpoldskirchner Spatzen. Di grande livello anche il folto cast (una trentina di cantanti), fra cui spiccano il baritono italiano Roberto Frontali (Michele e Gianni Schicchi), il soprano americano Patricia Racette (Giorgetta e Suor Angelica), Maxim Aksenov (Luigi), Marie-Nicole Lemieux (La zia Principessa, Zita), Ekaterina Sodovnikova (Amante, Suor Genovieffa, Lauretta), il tenore Paolo Fanale (Rinuccio) e Stella Grigorian (Frugola, la Badessa, la Ciesca).
Come da lui stesso illustrato, Michieletto ha cercato di trovare ‘una unitarieta” nel progetto pur nella diversita’ dell’impianto lirico dei tre atti: dramma i primi due (Il Tabarro e Suor Angelica), commedia Gianni Schicchi. ‘Ho cercato il link fra queste tre drammaturgie, tre spettacoli diversi con una grande storia, volevo valorizzare i temi comuni nelle tre opere e poi a livello estetico’. Nella prima siamo in presenza di un omicidio, nella seconda di un suicidio e nella terza, anche se comica, tutto gira comunque attorno a un morto: un’opera buffa noir. C’e’ ovunque ‘il tema della morte’ ma anche il tema ‘della maternita’ e paternita’, del rapporto con i figli’, c’e’ il tema della violenza e della sopraffazione, e anche il tema del ‘denaro, dell’eredita’, della materialita”. In primo piano e’ il lato buio dell’animo umano.
Il Tabarro simboleggia una ‘corazza, una difesa da cui non si vuole liberare’ e lo spettro del figlio morto e’ piu’ importante che non la gelosia per l’amante della moglie (che comunque ammazzera’). Un paio di scarpine del bimbo in scena stanno a sottolinearlo. Stesse scarpine che ritroviamo in Suor Angelica, nobildonna segregata in un convento (che sembra piu’ un manicomio o carcere che un luogo di preghiera) per espiare, la ‘colpa’ di un figlio illegittimo. Le due opere sono rappresentate senza soluzione di continuita’ e la cantante e’ peraltro la stessa. Nel Tabarro la scena e’ un porto pieno di container e trasportatori: una umanita’ sofferente di oppressi, che cerca la sola via di riscatto nel sesso. In Suor Angelica sono le celle spoglie e desolate del monastero-penitenziario. E in Gianni Schicchi, la casa borghese (parati damascati e ogni ben di bric-a-brac) dove i parenti del morto si scannano per l’eredita’, per venire poi beffati, e puniti, da Schicchi, viene inghiottita e impacchettata alla fine nei container del primo atto in una sintesi ideale che lega le tre differenti storie.
Trittico avra’ ancora cinque recite (12, 15, 18, 20, 23). Ma per Michieletto, con l’Austria, e’ solo un ‘Auf Wiedersehen’: la prossima estate sara’ di nuovo al Festival di Salisburgo, questa volta non con Puccini ma con Verdi. Nell’anno verdiano, firmera’ la regia di Falstaff, diretto da Zubin Mehta. Poi di nuovo nel 2013 al Theater an der Wien con Ideomeneo di Mozart.
Discussione su questo articolo