E’ il futuro. È qualcosa di vero, ma che non sembra tale. Quando si parla di Silicon Valley è come raccontare una favola, che poi però diventa realtà ogni giorno. Come ci si può immaginare quell’insieme di aziende che in pochi anni, e non si fermano mai, hanno cambiato il mondo? Silicon Valley, una valle che sì esiste, ma il cui nome non è uscito da un atlante, ma dalla fantasia di un giornalista che un giorno ha deciso che quella era la valle del silicio. E così è stato al punto che se si chiede in giro dov’è Santa Clara County, in pochi sanno rispondere, invece se la domanda iguarda Silicon Valley, allora la risposta la conoscono tutti. Eppure sono la stessa cosa e San Jose ne è la capitale. Una valle dove il passato si può pensare che non esista, perchè lì funziona solo il futuro. Ma anche a Silicon Valley hanno i musei e il più famoso non poteva che essere il ‘Computer Histry Museum’ di Mountan View, non lontano dalla sede di un nome che è diventato sacro, Google ovviamente. Allora, piano piano, si può scoprire che anche Silicon Valley un passato ce l’ha e per scoprirlo arrivano in aiuto gli italo-americani. Sì, perchè forse può sembrare sorprendente oppure chissà in pochi se lo aspettavano, ma anche la futuristica Silicon Valley ha un passato italo-americano. E per scoprirlo, per conoscerlo, viene in aiuto una mostra.
Si chiama ‘Italian Americans in the Santa Clara Valley’, una rassegna, un piccolo, ma significativo, resoconto della storia italiana in questa parte d’America, esposizione che avrebbe dovuto chiudere i battenti alla fine di maggio, ma il successo è stato così tanto che si è dovuto aggiungere un altro mese. La mostra si può visitare a San Jose, la città della California riconosciuta come il simbolo di Silicon Valley, alla ‘Jennifer and Philip Di Napoli Gallery’ che si trova al secondo piano della Martin Luther King Jr. Library. È una mostra fatta di orgoglio, ma anche con una raccomandazione dettata da Ken Borelli, curatore della rassegna: "Diventa sempre più difficile in questi giorni individuare chi è italo-americano, è importante portare avanti la storia, perché stiamo diventando invisibili". Un’avvertenza, ma anche un allarme che arriva dalla terra dove il futuro è già presente.
Ken Borelli è il presidente della ‘Italian American Heritage Foundation’ e la mostra si articola su quasi un centinaio di oggetti, tutti prestati da italo-americani che vivono nella zona. Una rassegna per certi versi ancora più sentita, perchè visitando la mostra nelle sale della library di San Jose è un po’ come mettersi a cena a casa dei nonni, la vecchia famiglia patriarcale, quella italiana, con due, tre generazioni a tavola, radunati, come era l’antica tradizione. E quello che c’era una volta nel passato si può rivedere, immaginare, scrutando gli oggetti che fanno parte della mostra.
Bill e Maria Greco hanno prestato una fotografia che risale agli anni Venti, dove si possono vedere almeno 150 lavoratori della ‘Greco Canning Company’. Un flash del passato, che racconta un pezzo di storia della Silicon Valley prima che diventasse tale. "Una immagine che per anni abbiamo mostrato agli amici – ha raccontato Bill Greco – e quasi ognuno di loro aveva parenti che avevano lavorato nella fabbrica di conserve di mio nonno. Ma riconoscere genitori, zie e zii non era facile, nella foto erano così giovani…". Ma tra le tante storie che si possono ripercorrere attraverso gli oggetti presenti alla mostra, ce n’è una particolare che arriva da Chet Campanella, farmacista ora in pensione di 82 anni. Ne aveva 9 di anni, quando gli agenti della FBI, "senza mandato" dice ancora oggi, entrarono nella casa della sua famiglia a San Jose, alla ricerca di armi e radio, erano gli anni della Seconda Guerra Mondiale. Non trovarono nulla: "Ma arrestarono mio zio e lo portarono via". Ora Chet Campanella da tempo sta ancora conducendo una lunga battaglia, e la rassegna di San Jose può aiutare a renderla un po’ più conosciuta, che riguarda le storie fatte anche di internazioni, degli italo-americani durante il secondo conflitto mondiale. Ma si parla anche di A.P. Giannini, nato proprio a San Jose, da una famiglia di origini liguri, la cui banca, ‘Bank of Italy’, divenne poi la famosa, ancora oggi, ‘Bank of America’. Ci sono anche storie di musica, con la Nick La Rocca’s Original Dixieland Jazz Band. "Quanta gente sa – si chiede Borelli – che gli italiani sono stati pionieri anche nel jazz?".
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