Roma – "Il Pd lo userà e lo getterà via poco prima delle elezioni". A parlare è Guglielmo Picchi, unico eletto all’estero per il PdL, e lo straccio da usare e gettare, a uso e consumo dei democratici, è naturalmente l’ex delfino Angelino Alfano, ormai additato come "parricida" dai suoi colleghi di partito. Ma, in questa isteria collettiva che si è impossessata del PdL, qualcuno si ricorda degli elettori all’estero?
Il cavaliere verso la decadenza e Alfano che intende continuare ad appoggiare ugualmente il governo. L’era del berlusconismo è giunta al suo naturale capolinea?
“Stiamo sicuramente attraversando un momento di passaggio. Dopo il voto del 2 ottobre si è creata una nuova leadership che vede Alfano protagonista. Da parte sua, il Cavaliere è ancora il maggiore detentore dei voti e, quindi, non si rassegna al fatto che la sua epoca possa passare. Il partito, di fatto, sta soffrendo il conflitto tra queste due anime”.
Il popolo del centrodestra è in cerca di un nuovo leader?
“Il popolo del centrodestra si trova nel mezzo, è diviso su due fronti: elettoralmente sta con Berlusconi ma, allo stesso tempo, nutre la speranza di poter guardare al futuro che, in questo momento, è incarnato da Alfano”.
Se il futuro è Alfano, che senso ha non puntare tutto su di lui?
“Io sto con Berlusconi, credo che non sia ancora giunto al capolinea ma che, al contrario, sia un grande aggregatore di voti. E’ sbagliato dividersi in questa fase, Berlusconi ha ragione sul fatto che non si può governare con chi vota a favore della decadenza in maniera strumentale”.
La stabilità del Paese può essere sacrificata di fronte alle vicende personali di Berlusconi?
“La stabilità è importante, ma sono più importanti i fatti concreti che si fanno per gli italiani. In questa finanziaria vediamo solo tasse, questo va contro i nostri interessi e la nostra base elettorale”.
Ieri Berlusconi ha tentato di intimorire Alfano e i suoi ricordando quanto accaduto a Fini, "anche lui ha avuto qualche pagina di giornale e poi è sparito". Sostenete il Cavaliere per paura di diventare meteore?
“La situazione è molto diversa rispetto all’episodio dello strappo con Fini, certamente il Berlusconi di oggi è un po’ più debole e i fatti non sono paragonabili. Alfano rischia di sparire come Fini, ma le due situazioni mi sembrano molto differenti in partenza”.
Finora, tra i due, il vincitore è stato Alfano.
“In realtà si sta caricando di un grande rischio. Sostiene il governo delle tasse e, quindi, il Pd che lo userà e poi lo scaricherà poco prima delle elezioni come già avvenuto con Fini. Spero, però, che ci siano margini di cambiamento da qui al consiglio nazionale e al voto sulla decadenza, spero si trovi un accordo tra le due anime del partito. Una sola cosa è certa: divisi si perde tutti. Magari, sul breve periodo, Alfano potrebbe godersi un effimero successo ma, poi, sarebbe difficile ricomporsi, soprattutto entro le elezioni europee. Spero che Alfano ci ripensi e non commetta questo parricidio”.
Già a ottobre non avete avuto i numeri per far cadere il governo. Che cosa è cambiato?
“Nulla, non li avremo nemmeno questa volta. Quando parlo di caduta del governo non la vedo dal punto di vista di Berlusconi ma da quello della realtà: temo che noi passeremo sul fronte dell’opposizione. Ci sono troppe tasse e non possiamo più accettarlo. Inoltre, sono convinto che il governo, alla fine, lo farà cadere il Pd stesso. Il prossimo otto dicembre, probabilmente, Renzi diventerà segretario e ha sempre detto che farà cadere il governo se non sarà operativo, inoltre vuole andare al voto prima che il suo consenso cali. Gli interessi congiunti di Renzi, del Pd e di Grillo ci porteranno alle urne molto prima di quelli del PdL”.
Lei è molto attivo sui social network, dove polemizza sempre più frequentemente con l’organizzazione del Consiglio nazionale. C’è qualcosa che funziona nel PdL?
“Abbiamo grosse incapacità organizzative, è evidente. Per questo motivo, quando Berlusconi ha avuto un momento di maggiore debolezza, non l’abbiamo saputo supportare. E’ ciò che non accade ai partiti tradizionali, che sono maggiormente organizzati”.
Non pensa che quella che lei chiama ‘disorganizzazione’ sia solamente il riflesso di una politica calata dall’alto, senza una base nel territorio?
“Forza Italia era molto organizzata sul territorio, il PdL lo è meno perchè ha messo insieme la disorganizzazione di Fi con quella di An. Inoltre ci troviamo nel mezzo di una diaspora, siamo passati da cinquecento parlamentari a duecento a causa delle varie scissioni, penso ad esempio a Fratelli d’Italia. La frammentazione si riflette sulla linea politica. Tutto questo crea un grande sconforto perchè il lavoro parlamentare ne risente, all’estero abbiamo scontato ancora di più questo senso di disorganizzazione e noncuranza. L’unica differenza è che, all’estero, il partito è più sicuro e coeso”.
A proposito di "noncuranza", come pensate di ripresentarvi ai vostri elettori all’estero dopo un’altra legislatura di indifferenza? Non crede che quelle uniche preferenze prese alle ultime elezioni fossero legate più al nome di Berlusconi che a una reale intenzione di voto?
“Non è così. Ricordo che alle ultime elezioni il nome di Berlusconi non era sulla scheda”.
Chi vota PdL sa che sta votando Berlusconi…
“Non è poca cosa, abbiamo corso senza il nome del cavaliere e abbiamo preso ugualmente i voti. Credo che i nostri elettori all’estero, quando non votano a sinistra, si guardino intorno e vedano nel PdL o Forza Italia l’unica forza che promuove incontri sul territorio. Inoltre, Berlusconi non sarà ricandidato”.
Alle ultime elezioni capitoline sono state scrutinate schede con il nome di Berlusconi scritto a matita nonostante non fosse, ovviamente, candidato. Gli elettori di centrodestra che votano il cavaliere sembrano sceglierlo in quanto entità che presiede o influenza il PdL, a prescindere dalla sua reale attività parlamentare.
“Esiste una percentuale che vota Berlusconi perchè lo ammira come leader, mentre un’altra parte è più critica e, però, continua a votare per il centrodestra. All’estero si riconosce il lavoro svolto, le mie preferenze personali sono un riconoscimento di quanto fatto sul territorio nella scorsa legislatura. Abbiamo ottenuto molti risultati”.
Quali?
“La riforma dell’Ice, l’anagrafe unica dell’Aire, la legge per il rientro dei cervelli, l’indagine conoscitiva sulla cultura italiana nel mondo, i consolati digitali, il nuovo edificio del consolato italiano a Londra, ho convinto Tremonti a comprarlo e non è stato facile. Eravamo sempre presenti sul territorio, nei momenti importanti e nei voti di fiducia si è sempre parlato di noi, le persone apprezzano il fatto di vederti e parlare di loro, gli italiani all’estero vogliono sentirsi presenti e il PdL lo ha fatto bene in Europa. Per le altre ripartizioni non posso parlare, se il risultato elettorale non ci ha premiato è bene riflettere”.
Dice di aver fatto e di fare molto. Per questo non ha tempo di partecipare al Comitato per gli italiani nel mondo della Camera?
“Il comitato è sicuramente un ottimo strumento ma è inutile, se una volta che abbiamo udito il comitato di presidenza del CGIE e i vari viceministri non si passa ai fatti, a discutere una risoluzione o una mozione con dodici firme sui temi caldi. Sfido i miei colleghi a vedere cosa siamo in grado di fare su tre punti fondamentali: un emendamento per equiparare la tassazione sulla prima casa, una visione compatta sul voto sulle riforme costituzionali e la circoscrizione estero e infine, sul piano di razionalizzazione della rete consolare. Siamo in grado di produrre un documento unitario? Ci sarebbero molti altri punti, ma cerchiamo di iniziare da questi, altrimenti il comitato diventa un salotto. Le audizioni sono le stesse da sette anni, voglio vedere mozioni con dodici firme, è la nostra sfida in questa legislatura.
Non sarebbe più semplice incontrarvi in comitato e parlare lì proprio di questi tre punti?
“Non ho problemi a incontrare i colleghi, ho sempre firmato gli emendamenti altrui e li ho anche votati. Io sono solo, non devo mettermi d’accordo con nessuno, sono i problemi interni degli altri partiti che stanno rischiando di farci cancellare. I personalismi stanno venendo prima del bene della circoscrizione, l’unico che mi sembra coerente e’ Tacconi, ha capito che bisogna avere una visione più lungimirante e improntata all’ottenimento di risultati duraturi nel tempo”.
In conclusione, parliamo del caso Giacchetta: un funzionario dell’Inca/Cgil ha truffato decine di pensionati italiani in Svizzera, portando via loro i risparmi di una intera vita. Le polemiche continuano. Lei si è mai occupato della vicenda? Come mai non è mai stato presente nelle occasioni di dibattito sull’argomento?
"Me ne sono occupato fin dall’inizio, nel 2010, e ho scritto una proposta di legge ad hoc depositata nella scorsa legislatura, che volevo ridepositare. Ho provato a contattare più volte, via mail, il presidente del Comitato Difesa Famiglie (Marco Tommasini, ndr) , ma lui non mi ha mai risposto. Dal punto di vista politico, invece, ha sempre invitato chiunque tranne il sottoscritto. Ho denunciato in tutte le sedi possibili le responsabilità oggettive della Cgil e, nella mia proposta di legge, prevedevo che i sindacati fossero responsabili in solido anche per ciò che succede all’estero. Ho le copie delle mail mandate a Tommasini, ma, ripeto, non ho mai ricevuto risposta. Di contro, ho visto che loro hanno invitato Di Biagio, Ferretti, Merlo e, a suo tempo, perfino Di Girolamo. Cercano il sostegno del Pd o del Maie e non accettano il mio, evidentemente. Da parte mia ho fatto ciò che dovevo fare".
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