E Matteo Renzi spacca il Pd. Lo scorso sabato la rappresentazione plastica della spaccatura interna al Partito Democratico: a Firenze c’era il segretario nazionale dem, anche presidente del Consiglio, con i suoi; a Roma, la minoranza Pd scesa in piazza a manifestare contro… il Pd. E’ tutto così assurdo a sinistra…
Rosy Bindi affida a La Stampa le sue perplessità sull’attuale gestione del Pd e chiede: "Dove lo sta portando?", "la risposta che mi do è che ci sia un altro progetto in campo: come molti hanno detto questo è il partito della nazione". A Franceschini che, alla Leopolda ha detto che "il partito è nato sabato", la Bindi manda a dire: "Allora ci comunichi di che partito è stato segretario nel 2009". E aggiunge: "Non mi ricandido" ma "il mio partito non può diventare il partito di Serra e dire no alla piazza di sabato". "Stia tranquillo Renzi: ha rottamato tutto, la Bindi non è più in partita. Ma da bordo campo a volte si vedono meglio gli errori, e ora deve confrontarsi sulle idee e rispondere con la piazza di sabato".
Sergio Cofferati, ex segretario della Cgil e oggi europarlamentare dem, commenta la manifestazione di Piazza San Giovanni in una intervista a Il Fatto, nella quale sostiene "ora inizia la partita, non è finita sabato con il confronto a distanza tra la manifestazione Cgil e la renziana Leopolda. Susanna Camusso ha dato prova di autonomia, ha illustrato le sue ragioni nonostante il governo sia di centrosinistra. Lo scontro sarà ancora più netto nei prossimi giorni, quando sarà valutato l’effetto dei tagli, l’impatto di questa legge di Stabilità che avrà ricadute sui servizi ai cittadini". Cofferati spiega: “Sabato ho avvertito la stessa atmosfera di 12 anni fa, tanti, tantissimi giovani. Tante, tantissime cose belle al raduno Cgil: il colore rosso, le richieste, le proposte". "Mi sembra che Renzi stia ignorando la Cgil, e dunque stia ignorando anche gli elettori che sabato sono sfilati per le strade di Roma". E pur escludendo scissioni nel Pd conclude: "Le battaglie, anche le più dure, vanno fatte all’interno. E con sicurezza, vi dico, che battaglia sarà".
In una intervista a La Repubblica, l’ex segretario del Pd e oggi ministro dei Beni Culturali Dario Franceschini commenta le due piazze contrapposte della Leopolda e di san Giavanni in seno al Pd: "Dobbiamo tutti capire che stiamo vivendo ormai un tempo diverso. Una stagione che ci impone due sfide nuove e parallele. Capire cosa comporta essere un grande partito del 40% e cosa vuole dire ‘leadership’ oggi". "Abbiamo dato vita finalmente a un grande partito nazionale che non rappresenta soltanto la sinistra storica ma ha l’ambizione di parlare a tutta la società. Un grande partito di questo tipo non può essere un soggetto identitario in cui tutti sono d’accordo su tutto. Ieri in fondo è accaduto questo: una parte dei nostri elettori stava alla Leopolda e un’altra parte in piazza. Lo scontro politico è fisiologico in tutti i partiti davvero grandi, pensiamo al partito democratico americano". E sui fischi a Renzi dice: "Non dimentichiamoci che a San Giovanni c’erano molti elettori ostili al Pd. E poi anche i nostri non è che recepiscono le novità tutti con la stessa velocità".
Secondo il ministro "il rischio di una divaricazione, di una spaccatura c’è. Per questo è importante che la maggioranza accetti al convivenza di posizioni diverse sotto le stesso tetto, ma è anche necessario che venga riconosciuta da tutti una regola fondamentale del nostro stare insieme: ci si confronta, ci si scontra, ma a un certo punto bisogna decidere. Non si può restare bloccati nel limbo. Il tema vero, e qui veniamo al secondo punto che citavo all’inizio, è capire la vera natura della leadership interpretata da Renzi", "un leader di sinistra votato alle primarie dal 70 per cento dei nostri. Un segretario che però decide", "la novità di Matteo è che esercita la sua leadership decidendo, anche a costo di dividere".
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