Devo ammettere che non consideravo molto la possibilità che potesse essere eletto un Papa statunitense. E se avessi dovuto scommettere su un Papa statunitense il nome non sarebbe di certo stato quello del Cardinal Francis Robert Prevost, di cui conoscevo poco o niente.
Ma i Cardinali hanno deciso di chiamare lui ad essere successore di Pietro e per questa decisione non posso che accettare che egli è il mio Vescovo e Papa, ed è il Supremo Pastore della Chiesa universale.
Proprio perché sapevo molto poco di lui, mi devo basare sulle impressioni di queste prime ore. Una cosa mi fa molto contento: il fatto che sia un agostiniano.
Sant’Agostino è sempre stato uno dei miei santi preferiti e amo profondamente i suoi libri. Poi devo dire che vederlo apparire sulla loggia della Basilica di san Pietro con la mozzetta mi è sembrato un buon segno di ritorno ad una certa decenza nella forma, che è anche sostanza.
Il suo discorso di giovedì 8 maggio, come l’omelia del giorno seguente – venerdì 9 – nella sua Messa nella Cappella Sistina, mi è parso molto solido e credo che aver ribadito la centralità di Cristo sia stato un segno profondo per tutti.
Noto che anche i settori più conservatori nella Chiesa cattolica osservano con attenzione e curiosità questo nuovo Papa, pur se alla viglia veniva indicato come un candidato del fronte progressista. Forse anche lui ci sorprenderà riportando un po’ di pace e serenità per una Chiesa divisa.
Mi è sembrato un uomo mite e schivo, credo saprà pacificare gli animi, visto che la parola “pace” è stata quella da lui più ripetuta nel discorso per la sera dell’elezione.
Da musicista devo gioire perché finalmente siamo tornati ad ascoltare un Papa che canta e di questo non possiamo che essere contenti. Proprio sant’Agostino diceva che chi canta bene prega due volte e lo stesso santo ha dedicato delle pagine bellissime all’importanza del canto cristiano.
Spero vivamente che il nuovo Papa porti ad un rinnovamento spirituale urbi et orbi, per Roma e per il mondo.