C’è voglia d’America. Forse c’è sempre stata in Italia, ma adesso è più tangibile e c’è anche una maggiore possibilità di poter trasformare quello che una volta, per i più, rimaneva solo un sogno, in realtà. Stiamo parlando di studenti e non solo universitari, ma anche delle scuole secondarie. Lo spunto lo ha dato una indagine dell’istituto di ricerca Ipsos secondo il quale, dal 2011, il numero di studenti coinvolti in un progetto di ‘mobilità internazionale’ è cresciuto del 55%: se infatti tre anni fa il numero non superava le 5.000 unità, nel 2014 si è arrivati a 7.800. E dovendo poi fare un’ulteriore statistica in base al sesso, ecco che allora la voglia di scoprire nuovi orizzonti appartiene alle donne, che infatti sono 2 ogni 3 studenti. Le partenze sono motivate dalla voglia di essere coinvolti in nuove esperienze, di mettersi alla prova, di allontanarsi dalla famiglia e dagli istituti scolastici del luogo di provenienza. Una voglia di sperimentare nuovi mondi da parte dei giovani che ha soprattutto una meta: gli Stati Uniti dove si ritrova il 58% della popolazione studentesca italiana che ha deciso di lasciare per un determinato lasso di tempo l’Italia.
Subito dopo ci sono gli altri Paesi anglofoni, Australia e Regno Unito che precedono Germania (13%), Francia (6%) e Spagna (4%) che comunque non sono i soli, un forte fascino ce l’hanno anche le nazioni del Sud America. Una mappa variegata, ma che ha gli States come inequivocabile vincitore. E negli USA il business dell’istruzione rappresenta anche una voce imponente dell’economia americana: infatti nell’ultimo rilevamento, l’anno scorso (il prossimo, sempre fornito dall’organizzazione Open Doors Institute of International Education, è atteso per il 17 novembre) l’impatto economico degli studenti stranieri era quantificato in 24 miliardi di dollari.
Nell’anno scolastico 2011/2012 infatti negli USA si sono recati 819.644 studenti internazionali con un aumento del 7% rispetto all’anno precedente. Un boom per l’apparato americano dell’istruzione che ha avuto ancora una volta dalla Cina l’apporto maggiore: 235.597 studenti con un + 21,4%. Un altro dato per capire meglio la composizione etnica degli studenti provenienti dall’estero negli States: oltre la metà degli ‘internazionali’ appartengono ad appena quattro nazioni, oltre alla Cina, India, Corea del Sud e Arabia Saudita con quest’ultima che ha segnato un incremento record del 30,5%. In questa graduatoria l’Italia, nonostante l’aumento e la voglia d’America, rappresenta soltanto una parte infinitesimale, non entrando tra le prime 25 nazioni in classifica, che al contrario comprende anche alcuni Paesi europei come Germania, Francia e Spagna che chiude la ‘Top 25’ con una presenza di 5.033 studenti e un aumento, rispetto ai dodici mesi precedenti, del 2,2%.
Ma nel grandissimo campo dell’istruzione americana, c’è anche l’altra faccia della medaglia e cioè quegli studenti statunitensi che vanno all’estero per ampliare le proprie conoscenze: 283.332 nell’ultimo censimento (che fa riferimento sempre all’anno scolastico 2011/2012). E se al comando di questa seconda classifica c’è, anche per una questione di lingua, la Gran Bretagna con 34.660 studenti e un incremento del 4,4%, al secondo posto, che si può definire ormai storico, c’è però proprio l’Italia che da sempre rappresenta una delle mete preferite degli americani. L’ultimo censimento parlava di 29.645 studenti, ma con una inversione di tendenza rispetto al 2010/2011: -2,4% che contrasta con l’incremento, generale, del 3,4%. C’è da aggiungere che il calo dell’Italia è arrivato esattamente un anno dopo che si era verificato un aumento addirittura dell’8,7%. Ma andando indietro, e non molto, nel tempo l’Italia, nell’anno scolastico 2008/2009 aveva fatto registrare un altro notevolissimo calo, addirittura del 10,5%. Ecco allora che per cercare di comprendere meglio questi saliscendi, per vedere se sono ciclici, o soltanto determinati da fattori momentanei, per avere una idea migliore si dovrà attendere ancora un mese, per il prossimo appuntamento con Open Doors per constatare anche se l’incremento dei nostri studenti negli Stati Uniti ha fatto risalire la classifica per nazioni all’Italia.
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