"Il presidente della Camera, Gianfranco Fini, sempre più lontano dal suo ruolo istituzionale e sempre più nei panni di leader politico, ieri a ‘Piazzapulita’, su La7, è tornato a ripetere il ritornello che lui, insieme ai suoi colleghi d’opposizione, sta rilanciando negli ultimi tempi: Silvio Berlusconi vada a casa. Ormai le opposizioni sanno dire solo questo, rischiando di cadere nel patetico, perche’ un’idea che puo’ risultare perfino valida, riproposta cento, mille volte, all’infinito, e come spasmodica e surreale unica ancora di salvezza, si indebolisce via via diventando noiosa fino al rigetto". Così Massimo Romagnoli, PdL, presidente del Movimento delle Libertà, che continua: "In ogni caso, le parole del leader di Futuro e Libertà più di ogni altra cosa ci suscitano un interrogativo: ma perche’ non si dimette lui? Perche’ non e’ Fini a lasciare la poltrona da presidente di Montecitorio, visto che la casa di Montecarlo, e’ evidente da un pezzo, e’ riconducibile a suo cognato? Quanto ancora puo’ durare, Fini, nel suo ruolo di leader d’opposizione? Quanto resistera’? E poi: nell’ambito del Terzo Polo, fara’ il delfino di Casini? Quindi, Fini avrebbe fatto tutto cio’ che ha fatto, per essere ancora secondo nella classifica del comando, e per avere una percentuale di consenso, a leggere gli ultimi sondaggi, pari, se va bene, a quella del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo? Che follia!".
"Gianfranco Fini – prosegue l’esponente del PdL – nell’immaginario collettivo di chi crede nel centrodestra, e’ il traditore, il Giuda, colui che ha fatto di tutto per seppellire il partito. Perche’ e’ vero che un partito non e’ una caserma, ma neppure un luogo dove i dirigenti fomentano di continuo, alimentando il disorientamento della base e organizzando la ribellione alle spalle del leader riconosciuto! Del resto, lo sa bene Fini: quando era leader di An, non si muoveva una foglia senza il suo permesso. Distruggere la figura del padre putativo di un movimento significa perdersi con lui: lo hanno capito anche i leghisti, che resistono nel mantenere in vita la fede in Bossi sapendo che dopo di lui le ambizioni dei molti aspiranti successori faranno perdere smalto al partito. Fini ha sbagliato, ha rivelato la sua arroganza e la sua successiva sete di vendetta personale, puntando sempre a dividere l’elettorato di riferimento e a spostarsi a sinistra solo per vincere la sua battaglia con il Cavaliere e costringerlo ad arrendersi. Pur di abbatterlo, è disposto a cambiare il volto della destra liberale; ma gli uomini passano, caro Gianfranco; e le idee restano, si adattano ai tempi, ma non fino a rinnegare i principi ispiratori radicati nella tradizione. Non c’è un solo motivo per votare per te – conclude Romagnoli -, di certo non riusciamo a vederne il beneficio".
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