Giro di telefonate con il cerchio ristretto, i fedelissimi. Matteo Renzi spiega che con i 5stelle ‘fa sul serio’. Nel pomeriggio – scrive Goffredo De Marchis su LA REPUBBLICA – ha gia’ stoppato i piu’ realisti del re che volevano twittare e dichiarare contro il grillino Luigi Di Maio, nel dopo-streaming. Fa sul serio soprattutto sulla legge elettorale, convinto di poter piegare anche Silvio Berlusconi. Sul punto chiave delle preferenze.
‘Ormai Berlusconi ragiona come uno che sa di perdere. Allora puo’ accettare la soluzione dei capolista bloccati e degli altri candidati scelti dagli elettori’. E’ una carta, insieme con quella della liste di nominati ma cortissime, in grado di sbloccare la partita del rapporto tra eletti e elettori anche dentro il Partito democratico. L’importante adesso e’ stabilire un contatto con l’ala dialogante del Movimento in versione meno pubblica.
‘Basta streaming – spiega Renzi ai suoi collaboratori -. Finche’ rimaniamo confinati nei meccanismi della diretta, non ne usciamo vivi. In una trattativa e’ fatale che tutte le parti debbano cedere qualcosa e appaiano un po’ ammaccati alla fine del confronto. Se andiamo sempre in televisione, questo salto non lo faremo mai’.
Il passaggio significa che il capo del governo, sull’Italicum, vuole evitare le trappole incontrate nella discussione della riforma del Senato. In particolare, l’obiettivo e’ avere un tale consenso nella maggioranza e nell’opposizione da superare le resistenze all’interno del Pd e le minacce dell’Ncd. Che si preparano a ingoiare la modifica di Palazzo Madama ma hanno annunciato battaglia proprio sulla riforma elettorale, stavolta con numeri piu’ ampi di dissenso. ‘Non cerco un doppio forno, non voglio pressare Forza Italia. Non faccio saltare un’intesa che finora ha prodotto dei risultati in un clima molto difficile ‘, dice Renzi. Ma la sponda dei 5stelle, o meglio dei favorevoli al dialogo, puo’ aiutare il Pd a far cedere Berlusconi sul punto chiave dell’Italicum: le preferenze. ‘Se passa l’idea dei soli capolista nominati, lui si porta alla Camera i deputati che gli servono e gli stanno a cuore. Gli altri li lascia correre a trovare i voti. Ne ho gia’ parlato con loro e non c’e’ una chiusura. Sanno di perdere e va bene anche cosi”. E’ un modo per accelerare l’esame della legge elettorale e il voto definitivo.
In questo senso il rapporto allacciato con Di Maio, capo dei moderati grillini, serve a velocizzare l’iter. Si cerchera’ nei prossimi giorni di instaurare con lui un dialogo piu’ discreto, piu’ ‘segreto’ per portare a casa il risultato senza la pressione degli attivisti e degli oltranzisti. ‘Adesso li aspetto al varco della riforma del Senato ‘. Non chiede voti, non chiede di cancellare gli emendamenti. Spera invece in un ostruzionismo soft. ‘Ma soprattutto verifichero’ l’atteggiamento dei grillini. Se le votazioni avverranno in un clima di insulti, con le solite accuse di essere artefici delle riforme della P2, il tavolo non esiste’. Del resto, scherza con lo staff, ‘per essere io un autoritario due ore di colloquio non sono male, no?’. Quello che Renzi chiede ai grillini come ha chiesto a Berlusconi (ottenendo la famosa ‘profonda sintonia’) e’ la certezza della ‘governabilita”. E quindi il premio di maggioranza del 55 per cento anche alzando la soglia al 40 per cento del primo turno.
Un punto che oggi divide il Movimento e Largo del Nazareno. Mentre in quest’ottica l’idea di un sistema bipartitico, con il premio alle liste e non alle coalizioni, e’ una base che avvicina molto le posizioni. ‘Sono posizioni interessanti’, ripete Renzi dimostrando di crederci. Dunque, ora ci aspetta un atteggiamento di scontro non totale sul Senato. Per arrivare al traguardo in modo inderogabile prima della pausa estiva.
A Palazzo Madama ci sara’ il banco di prova per tanti discorsi che oggi sono solo dei cantieri aperti. Non soltanto il tavolo con i 5stelle. ‘Se le minoranze del Pd vogliono la gestione unitaria devono comportarsi bene sulla riforma del Senato’, spiega Renzi. La verifica e’ vicina. Dal co mportamento del gruppo parlamentare dipende la nuova squadra della segreteria democratica. L’organismo doveva essere varato gia’ un mese fa. In fondo basta un comunicato del segretario, un sms niente di piu’. Si e’ deciso di aspettare la direzione del 24, giovedi’ prossimo. Ma Renzi fara’ slittare anche questo appuntamento. Vuole presentarsi davanti al suo partito dopo la conquista della modifica costituzionale.
Misurare la sua forza sulla base del risultato raggiunto. E solo allora scompaginare i giochi ‘concedendo’ i posti alle minoranze. Se tutto fila liscio, la segreteria sara’ in pratica azzerata con l’eccezione dei due vicesegretari Lorenzo Guerini e Debora Serracchiani, di Stefano Bonaccini che sarebbe promosso all’Organizzazione, di Chiara Braga e di Davide Faraone. Cinque nomi mentre gli altri sono tutti in ballo. Si capira’ anche se Renzi vuole disegnare un partito non solo a sua immagine e somiglianza, se vorra’ dargli un po’ di spazio di manovra oggi soffocato nella sovrapposizione con l’esecutivo. E’ un tema di cui si discute a Largo del Nazareno, di cui anche il premier e’ pronto a parlare con gli altri pezzi del partito. Per evitare che la sua parabola politica sia circoscritta ai fedelissimi, al cosiddetto giglio magico ossia l’entourage dei renziani della prima ora.
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