Maggior vigore per contrastare il rischio Ebola. Questo ha chiesto Beatrice Lorenzin, nella sua veste di rappresentante della Presidenza del Consiglio dell’Unione durante il semestre italiano, nella lettera spedita, insieme al commissario europeo alla Salute Tonio Borg, ai suoi colleghi del resto d’Europa per convocare il vertice di giovedì: "Chiederò a tutti i Paesi europei di innalzare i livelli di sicurezza e di informazione – spiega in una intervista a Il Fatto il ministro della Salute -. Chi sale su un aereo diretto in Europa deve sapere esattamente quali sono i sintomi di Ebola e a quale numero deve telefonare se c’è un dubbio. Attiviamo un numero verde al ministero, oltre alle informazioni sul nostro sito. Poi una proposta che mi sembra sensata è quella di dislocare medici europei negli aeroporti dei paesi a rischio".
"Bisogna rafforzare la cooperazione a livello europeo e mi sembra sensata la proposta di un registro con un controllo serrato nei paesi di partenza. I passeggeri devono essere informati e tracciabili. Già adesso noi abbiamo prolungato a 21 giorni la conservazione delle liste dei passeggeri. Comunque, appena viene segnalato un sospetto, in Italia scatta un sistema di allerta che attiva immediatamente procedure di isolamento e i falsi allarmi sono serviti per simulare situazioni di rischio. In questi giorni abbiamo effettuato simulazioni a Fiumicino e continueremo negli ospedali preposti, come lo Spallanzani e il Sacco di Milano, centri di alto isolamento che il mondo ci invidia".
"Non bisogna fare allarmismo, ma bisogna dire ai cittadini le cose come stanno. Prima dell’estate eravamo all’interno di una crisi nell’Africa occidentale che l’OMS pensava di poter confinare a centinaia di casi. Oggi siamo a 8 mila casi e OMS e ONU prevedono si possa arrivare a 20 mila intorno a Natale, prima che il virus decresca in seguito a massicci interventi. La gestione della crisi deve essere coerente con lo scenario. L’Europa e l’Italia in particolare sono attrezzate per affrontare questa emergenza. Tutti però devono seguire le regole e i protocolli. Diciamo che dobbiamo prepararci a gestire ogni evenienza in modo attento e responsabile anche se ragionevolmente non dovrebbe verificarsi".
"Per curare 20 mila casi ci saranno tanti operatori impegnati nei paesi ad alto rischio, cioè Liberia, Guinea e Sierra Leone. Stiamo parlando di eroi. Io ho parlato con alcuni di loro e mi hanno raccontato che non si danno neanche la mano per mesi, proprio per evitare pericoli. La storia dei pochi casi segnalati in Europa dimostra però che il problema può venire proprio da questi operatori o da residenti, che sono entrati in contatto con i malati, non sono sintomatici e possono a loro volta diventare veicolo di contagio", "un’ipotesi che io mi sentirei di appoggiare è quella di realizzare delle aree di compensazione per gli operatori all’arrivo in Europa oppure nei paesi di provenienza".
Infatti non c’è già un obbligo di quarantena per gli operatori entrati in contatto con i malati "e non è facile introdurlo – spiega il ministro -. Bisogna immaginare delle procedure alle quali gli Stati europei possano aderire. Comunque secondo me il tema fondamentale è la tracciabilità delle persone che provengono dai paesi a rischio", "la cosa più importante è bloccare in Africa l’epidemia e non farla trasformare in pandemia".
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