Come l’ultimo diaframma da abbattere prima della salvezza, sono centinaia in questi giorni i migranti eritrei che cercano di valicare le Alpi per raggiungere la Svizzera, ultima tappa del viaggio della speranza. Hanno attraversato il deserto, affrontato il mare, sofferto la fame e la sete, patito angherie e umiliazioni, sono sfuggiti alla morte e alle persecuzioni dei trafficanti, e si trovano davanti questa barriera naturale di montagne che li separa dalla meta.
Per entrare in territorio elvetico si appoggiano a connazionali che conoscono il territorio. In genere, come ha scoperto la polizia raccogliendo le testimonianze dei migranti, il luogo di incontro e’ Milano, nei pressi della stazione ferroviaria. L’appuntamento nel tardo pomeriggio, quando il buio aiuta a coprire gli spostamenti. A volte su minibus, altre su monovolume o anche su semplici utilitarie si dirigono verso Nord cercando i passaggi non presidiati dalla guardia di frontiera nei cantoni del Vallese, dei Grigioni e del Ticino. Uno dei piu’ frequentati e’ il colle del Gran San Bernardo, a 2.500 metri di quota, reso famoso dal passaggio nel 1800 di Napoleone lanciato verso la Campagna d’Italia con 60.000 uomini al seguito. Quest’anno lassu’ la neve e’ caduta con qualche giorno d’anticipo rispetto al solito, rendendo difficile il transito degli automezzi. Non lo sapeva Redei, eritreo di 35 anni, rifugiato politico in Svizzera dove lavora come magazziniere. Sabato sera a Milano ha caricato in auto il fratello e altri tre connazionali, tutti arrivati a Lampedusa su un barcone. Giunti a Saint-Rhe’my En Bosses, a pochi chilometri dal confine, la strada innevata li ha costretti a desistere. Marcia indietro verso valle, fino a Etroubles, dove sono stati bloccati dai carabinieri.
Redei, incensurato, e’ stato arrestato per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina; in tribunale ad Aosta ha patteggiato 30.000 euro di multa e cinque mesi di reclusione. Soltanto un paio di ore prima a Isac, un altro ‘passeur’ svizzero di origini eritree, era andata peggio: multa da 100.000 euro e otto mesi di reclusione. La notte precedente la sua monovolume era rimasta impantanata proprio sotto il confine. Trasportava dieci connazionali che prima di essere soccorsi e identificati hanno tentato una disperata fuga sulla montagna.
Questo ‘nuovo’ fenomeno desta preoccupazione tra le forze dell’ordine. E’ stato informato anche il Servizio centrale operativo (Sco) della polizia. Si cerca di capire se vi sia un’organizzazione che gestisce quest’ultima parte del viaggio dei migranti eritrei a scopo di lucro oppure se gli stessi possono contare su una rete di solidarieta’ all’interno della consistente comunita’ che vive in territorio elvetico. I dati dell’ufficio federale della migrazione, aggiornati allo scorso 31 agosto, parlano chiaro: i cittadini eritrei richiedenti asilo in Svizzera sono attualmente 5.833. Di gran lunga la nazionalita’ piu’ rappresentata, basti pensare che Iraq e Iran assieme non superano le 3.500 domande. Oltralpe i migranti trovano assistenza da parte del governo e una forte presenza di connazionali (circa 10.000 sono i rifugiati politici): l’Italia ai loro occhi e’ semplicemente l’ultimo territorio prima di poter presentare l’agognata domanda di asilo e iniziare una nuova vita.
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