Gli scandali sulla corruzione e gli sperperi della politica, ultimo quello che ha coinvolto l’ex capogruppo del Pdl alla Regione Lazio Franco Fiorito, sono la conferma che l’illegalita’ e’ ormai entrata a far parte del codice genetico della societa’ italiana, che sta diventando ‘piu’ mafiosa’.Ed e’ una ‘buona notizia’ che ora il governo pensi di accelerare l’entrata in vigore delle norme sulla incandidabilita’ dei politici condannati per i reati contro la pubblica amministrazione. Parola del procuratore aggiunto di Palermo Antonio Ingroia, che nel corso di un incontro a tutto campo con gli studenti di Giurisprudenza di Roma 3, e’ anche tornato sull’isolamento che i magistrati che indagano sulla mafia subiscono, dai tempi di Falcone e Borsellino, ogniqualvolta toccano con le loro inchieste la politica. Un’occasione per chiarire che se lui , come ha gia’ deciso, a meta’ novembre lascera’ la procura siciliana per ricoprire in Guatemala un incarico dell’Onu, non lo fara’ perche’ qualcuno vuole mandarlo in ‘esilio’ o ‘cacciarlo’, dopo l’indagine sulla trattativa tra Stato e mafia, ma per una sua ‘libera scelta’.
Sul malaffare della politica, che sta emergendo con tante inchieste giudiziarie, Ingroia non ha dubbi: "i recenti clamorosi casi di corruzione dilagante nascono dall’aver introiettato nel dna piú profondo della nostra società un modello di illegalità".E descrive una trasformazione avvenuta negli ultimi anni con ‘la mafia diventata piú civile e la società piú mafiosa", nel senso che Cosa Nostra ha abbandonato la guerra con lo Stato per diventare "un sistema di potere economico-criminale che si affida sempre piu’ al ceto dei colletti bianchi e a pezzi di classe dirigente’.
Sollecitato dagli studenti, che affollano l’Aula Magna, Ingroia torna anche sul tema dell’isolamento dei pm per dire che e’ una costante ogni volta che le inchieste arrivano a toccare la politica o altri ‘santuari’: ‘se un magistrato prova a salire il gradino piú alto, si trova accerchiato e isolato. E’ successo a Falcone e Borsellino, e poi anche a Caselli con il processo Andreotti e, in tempi piú recenti, ai magistrati del processo a Dell’Utri", nota riferendosi a se stesso e ai colleghi che hanno condiviso la sua inchiesta.
La domanda diretta di un ragazzo gli permette poi di chiarire che la sua prossima partenza per il Guatemala "non c’entra nulla" con le polemiche che ci sono state sull’inchiesta sulla trattativa, soprattutto dopo le intercettazioni di telefonate del capo dello Stato. "E’ una libera scelta, non c’‚ qualcuno che mi ha spinto, qualcuno che mi ha cacciato".
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