Da certe toghe rosse, direbbe Nicolò Ghedini, uno degli avvocati di Silvio Berlusconi, non ci si può mai aspettare nulla di buono. Infatti, così è stato anche questa volta. La Consulta ha respinto il conflitto di attribuzione tra poteri dello Stato sul mancato riconoscimento del legittimo impedimento dell’ex premier Silvio Berlusconi a comparire nell’udienza del processo Mediaset – del primo marzo 2010 – in quanto impegnato a presiedere un Consiglio dei ministri non programmato.
Il Cavaliere si fa sentire attraverso una nota diramata alle agenzie di stampa: “Dalla discesa in campo ad oggi – sottolinea – la mia preoccupazione preminente è sempre stata ed è il bene del mio Paese. Perciò anche l’odierna decisione della Consulta, che va contro il buon senso e tutta la precedente giurisprudenza della Corte stessa, non avrà alcuna influenza sul mio impegno personale, leale e convinto, a sostegno del governo né su quello del Popolo della Libertà”.
L’ex premier parla poi di quello che definisce un continuo “accanimento giudiziario nei miei confronti”, qualcosa “che non ha eguali nella storia di tutti i Paesi democratici”. E’ ovvio che certa Magistratura ha come obbiettivo quello “di eliminarmi dalla vita politica”, un tentativo portato avanti in maniera costante e “che dura ormai da vent’anni”. Non sono riusciti a farmi fuori “attraverso il sistema democratico, perché – è spiega Berlusconi – sono sempre stato legittimato dal voto popolare”, e ci provano con quei giudici politicizzati. Ma tutto questo, assicura il Cav, “non potrà in nessun modo indebolire o fiaccare il mio impegno politico per un’Italia più giusta e più libera".
Intanto ministri del Popolo della Libertà parlano di “subalternità della politica all’ordine giudiziario”. I ministri azzurri sono pronti ad incontrare il leader del PdL per studiare le mosse future. Quella della Consulta, dichiarano i ministri pidiellini in una nota congiunta, “è una decisione incredibile. Siamo allibiti, amareggiati e profondamente preoccupati”. Per loro si tratta di una decisione che “stravolge ogni principio di leale collaborazione”.
Maurizio Gasparri prima della decisione della Consulta aveva pubblicamente affermato: se Berlusconi viene interdetto, noi parlamentari del PdL potremmo decidere di dimetterci in massa. Ore dopo, ha precisato: “Non possiamo immaginare che qualcuno voglia eliminare o espellere Berlusconi dalla scena politica italiana. Se ci fosse una palese violazione dei diritti di Berlusconi attraverso sentenze o decisioni definitive non potremmo rimanere inerti e per questo non ho escluso iniziative eclatanti come le dimissioni di tutti i parlamentari del Pdl". Una eventualità che trova d’accordo anche Denis Verdini, coordinatore nazionale del PdL.
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