Matteo Bracciali, Vicepresidente FAI – Federazione ACLI Internazionali, a proposito del cosiddetto decreto cittadinanza, in una nota dichiara: “In un’epoca in cui il valore della diplomazia culturale e delle relazioni internazionali è sempre più riconosciuto, l’Italia sembra orientarsi in una direzione opposta, scegliendo di indebolire uno dei pochi strumenti di soft power di cui dispone: la sua vasta e storica diaspora.
Milioni di connazionali nati all’estero, figli e nipoti di emigrati, rappresentano da sempre un ponte naturale tra culture, un capitale umano e sociale capace di promuovere l’Italia nel mondo meglio di qualunque campagna istituzionale”.
“Eppure – continua – la proposta di riforma sulla cittadinanza sembra andare nella direzione opposta, specialmente dopo il passaggio al Senato. Se approvata così com’è rischia di tagliare questo legame prezioso.
In particolare, l’impossibilità per gli italiani con doppia cittadinanza di trasmettere la cittadinanza ai propri figli segnerebbe un punto di rottura. Una scelta che, nel lungo periodo, rischia di cancellare la nostra presenza nel mondo”.
“Le motivazioni addotte per sostenere questa riforma meritano una riflessione attenta, oltre il pregiudizio – spiega in una nota Bracciali – : ‘C’è chi ottiene la cittadinanza senza conoscere l’italiano’. Un’osservazione legittima, a cui è stata già proposta una soluzione: richiedere una certificazione linguistica e culturale a chi richiede la cittadinanza, come già avviene per altri casi.
Una proposta costruttiva, tuttavia rimasta senza risposta.
“In caso di guerra, con chi starebbero le persone con doppia cittadinanza?” Una domanda che sembra più figlia della paura che della ragione.
Davvero crediamo che saremmo più forti rinunciando a cittadini italiani, ben integrati all’estero, solo perché detengono un secondo passaporto?
L’idea che si possa fare “guerra all’Italia” è inquietante, ma ancor più lo è immaginare che l’unica risposta sia escludere, non includere.
“Ci sono truffe nel sistema”. Come in ogni ambito amministrativo, esistono tentativi di frode. Ma è proprio per questo che esistono controlli e sanzioni. È giusto colpire gli abusi, non privare milioni di persone oneste del proprio diritto.
Certo, porre un limite generazionale alla trasmissione della cittadinanza può essere un passaggio equilibrato. Ma ciò che si sta prospettando va ben oltre: rischia di interrompere un filo che ci lega a comunità vive, orgogliose delle proprie radici italiane, spesso più attente e innamorate dell’Italia di quanto lo siamo noi stessi.
Rafforzare i criteri sì, – conclude Bracciali – ma senza perdere il senso profondo di cosa significa essere italiani nel mondo. Perché scegliere di tagliare le radici non ci renderà più forti. Al contrario, ci renderà più soli”.