Ancora una volta critiche nei confronti dell’Ambasciatore d’Italia in Canada, Gian Lorenzo Cornado. Una parte della comunità italiana in terra canadese non approva il comportamento del diplomatico, che ad alcuni osservatori appare politicamente schierato e non al di sopra delle parti, come richiederebbe il suo ruolo. Dopo le critiche del presidente del Comites di Toronto, arrivano quelle di Carlo Consiglio, uomo di destra, storico esponente della comunità italiana locale che ha rappresentato anche all’interno del CGIE.
Scrive Consiglio, commentando la partecipazione di Cornado a un evento organizzato e promosso dal Pd canadese: “Mi sono definitivamente convinto di quanto sia cambiata, e non certo in meglio, in questi ultimi anni la corporazione dei diplomatici. Un tempo i diplomatici, e non solo per il divieto previsto dalla normativa vigente, non aderivano a partiti e a formazioni politiche e pur avendo ciascuno di loro un proprio orientamento, si guardavano bene dall’esternarlo. Il loro era sempre un comportarsi super partes e con l’obbiettivo di tenere unite le comunità. E il Canada e’ stato un Paese dove i nostri Ambasciatori si sono distinti in tal senso”. “Certo – prosegue Consiglio – erano uomini di altro spessore; basta ricordare Ambasciatori come Fulci, Brigante, Colonna, Balanzino, Negrotto, Cambiaso, Nigido e Colombo. Con loro quello che e’ successo ad Ottawa non sarebbe successo”.
Carlo Consiglio ricorda come l’ambasciatore Cornado si sia espresso a favore del Pd e delle politiche di Renzi durante l’evento intitolato “A cena con l’ambasciatore”. Ma per il connazionale residente in Canada quelle di Cornado non erano altro che “bugie, inesattezze e giudizi di parte”.
In conclusione, Consiglio si chiede cosa abbia spinto l’Ambasciatore ad una adesione tanto convinta al Pd. E poi si risponde così: “Sembrerebbe quasi che il Nostro senta la necessità e il bisogno di rifarsi una verginità nei confronti del Pd per cancellare il peccato originale di essere stato il più stretto collaboratore del Ministro Giulio Terzi di Sant’Agata, prima negli U.S.A. e poi a Roma, che si dimise per non avallare il rientro dei Marò che poi dal Pd sono stati abbandonati a se stessi e si trovano ancora in carcere”.
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