Questo governo ha messo ancora la "fiducia", un’altra, l’ennesima. In pratica da oltre venti anni con il ricatto dei vari Governi (Prodi, Berlusconi, D’Alema, Monti, Letta, Renzi) di tornare alle urne, si fa passare di tutto. Si fa votare di tutto. Ma si sta di fatto distruggendo la democrazia. Perchè con il terrore di perdere la “cadrega” i Parlamentari (di maggioranza e di opposizione) alla fine ob torto collo mandano giù di tutto, anche delle belle minestre avvelenate. E un altro effetto della questione di fiducia è che i nostri Parlamentari neanche si prendono più l’incomodo di leggersi i provvedimenti, perché sono così “blindati”, dal Premier, dalla Boschi di turno e dal Consiglio dei Ministri (con i loro tecnici ed esperti), che restano immodificabili sin dalla prima conferenza stampa come le tavole della Legge di Mosè.
Era veramente il caso di porre la fiducia su un argomento così particolare, su una materia così sensibile come le unioni civili? Eppure anche ieri è stata posta la fiducia; ma in maniera così beffarda, violenta, volendo forse soffocare la discussione sul complesso degli emendamenti, che avrebbe preso un paio d’ore, non di più. Fregandosene della democrazia, su una materia oltretutto di iniziativa parlamentare. Perché? Perché questa violenza? Ma ci potrà mai essere una opposizione costruttiva con questo clima di ricatto e caccia alle streghe? Siamo certi che le tanto criticate e odiate metodologie fasciste (che minacciavano e perseguitavano i bastian contrari) siano definitivamente sepolte? Numeri alla mano, le cifre del governo Renzi sono impressionanti.
Nei primi otto mesi dall’insediamento a Palazzo Chigi Maria Elena Boschi si è presentata 11 volte alla Camera e 12 al Senato – tredici con il voto sul processo civile di oggi a Palazzo Madama – per porre la questione di fiducia principalmente su atti del governo (due volte, in sua vece, lo hanno fatto i ministri Andrea Orlando e Marianna Madia). In percentuale, circa il 75% dei testi usciti dal Parlamento e diventati normativa vigente sono stati indissolubilmente legati alla sopravvivenza del governo. Del restante quarto, numerosi sono gli atti di ratifica di trattati e convenzioni internazionali, rarissimi i casi di leggi nate da un’iniziativa parlamentare. É oggettivamente troppo, per una Repubblica che si definisca ancora parlamentare.
Tanto per fare un esempio, quando nell’agosto 2012 Mario Monti raggiunse la stessa media, con la trentaquattresima fiducia in 9 mesi, il Quirinale ribadì in un comunicato la propria preoccupazione: da un lato attribuì il vizietto alla necessità di affrontare “emergenze e urgenze senza precedenti”, dall’altro ricordò a Palazzo Chigi che il Parlamento – pur con tutti i suoi difetti, e con l’incapacità di approvare riforme costituzionali – non era stato ancora abolito. E i partiti della maggioranza di allora, uniti nel sostegno al governo tecnico, diedero ragione a Napolitano: “Così non si può andare avanti”, lamentava l’allora vicepresidente dei senatori Pd, Vannino Chiti, spalleggiato al centro dal presidente della Camera, Gianfranco Fini, e a destra da tutto il gruppo del Pdl, pronto a ricordare come la media delle fiducie nei tre anni e mezzo di Berlusconi fosse di “appena” 1,26 al mese.
I governi – ricordiamolo – arrivano alla questione di fiducia su una legge quando qualificano tale atto come fondamentale della propria azione politica, e fanno dipendere dalla sua approvazione “intonsa” la propria permanenza in carica. Nella pratica politica infatti, tale strumento viene usato per compattare la maggioranza parlamentare che sostiene l’esecutivo, o per evitare l’ostruzionismo dell’opposizione. Ponendo la fiducia, tutti gli emendamenti (modifiche alla legge) decadono e la legge deve essere votata così come è stata presentata. Nel caso in cui il Parlamento respinga la questione di fiducia posta dal Governo, quest’ultimo è considerato privo della fiducia della Camera/Senato e pertanto
è tenuto a rassegnare il mandato nelle mani del Capo dello Stato, che apre la “crisi di governo” che, in caso di mancate nuove coalizioni, a sua volta sfocia o potrebbe sfociare in nuove elezioni politiche. Va inoltre ricordato – se qualcuno l’avesse dimenticato – che tale istituto giuridico, compattando la maggioranza cerca di annullare i franchi tiratori che si nascondono dietro il voto segreto.
Per finire, comincio ad avere qualche dubbio, se anche una legge fondamentale per le democrazie rappresentative, come questa delle unioni civili, che dovrebbe garantire a tutti di gareggiare alla pari, è stata ancora una volta approvata… a colpi di fiducia.
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