Secondo Oscar De Bona, presidente dell’Unione nazionale delle associazioni di immigrati ed emigrati, il turismo delle radici ha “potenzialità enormi” perché i turisti delle radici non sono occasionali ma “viaggiatori motivati, con un forte senso di appartenenza, che desiderano vivere un’esperienza autentica”.
Turisti che si muovono su “flussi destagionalizzati, diffusi, spesso diretti alle mete meno battute, che possono generare benefici non solo per il settore alberghiero, ma anche per artigianato, produzioni enogastronomiche e investimenti immobiliari“.
Il turismo delle radici – ha spiegato Riccardo Grassi, che ha condotto una ricerca in materia – è un “turismo delle connessioni”. Una conferma che arriva dall’89% di italiani residenti all’estero che dice di essere interessato a fare un viaggio delle radici nel Bel Paese.
Emerge un forte interesse per la visita a città e monumenti, al primo posto a pari merito con l’interesse per cibi e sapori.
Alto anche il desiderio di incontrare parenti e conoscenti. In particolare il 77% degli emigranti con origine bergamasca è riuscito a convincere amici o parenti ad intraprendere un viaggio nelle terre dei loro avi.