In un momento di euforia e di ottimismo avevo sperato che Napolitano, una volta lasciato il Quirinale, rinunciasse alla carica di senatore a vita. Mi sono sbagliato in modo grossolano e puerile, in quanto, pensando agli effetti devastanti prodotti dai suoi tre governi e, soprattutto, all’indice di popolarità dell’ex presidente sceso dal 92% del 2011 al misero 39% di fine 2014, ritenevo che la rinuncia sarebbe stata la cosa più ovvia e più giusta.
Specialmente per il calo dell’indice di popolarità sceso ben al di sotto del 50%, credo che sarebbe stato un omaggio al "popolo sovrano" non accettare il nuovo incarico che ha tutte le sembianze di un voto a disposizione della sinistra e la frase "darò ancora il mio contributo" non può essere interpretata in modo diverso.
Questo "regalo" fatto alla nazione, nonostante la maggioranza degli italiani non lo gradisse più, costerà ai contribuenti tra annessi e connessi una montagna di denaro, che certamente potrebbe essere spesa in maniera più sensata. Pazienza, d’altra parte Napolitano ha dato sempre prova di coerenza nel non disdegnare i privilegi e soprattutto di essere osservante delle leggi, tanto che al suo Segretario Martin, in quel di Strasburgo, soleva dire: "ciò che è consentito dalle leggi si può fare".
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