Con lo slogan “L’Italia giusta” il centrosinistra ha ottenuto lo 0,36% in più dei voti del centrodestra, ma non può governare come si può facilmente costatare in questi giorni e come avevo previsto nel mio articolo del 28 febbraio. Lo stallo politico è dovuto essenzialmente alla storica incapacità della sinistra di saper governare. In un paese normale, come vanno dicendo in molti compreso Matteo Renzi, in una tale situazione di immobilità si darebbe vita a una grande coalizione, a un governo di unità nazionale o di scopo, per lo meno per il tempo necessario a realizzare alcune urgenti riforme per mettere in moto l’economia e per far funzionare meglio lo Stato e, subito dopo, tornare al voto. La mancanza di stabilità politica, infatti, danneggia tutti gli italiani, senza distinzioni, rendendo l’Italia debole di fronte ai più solidi Paesi come la Germania e Francia. Perché in Italia non è possibile ciò che in altri grandi paesi democratici sarebbe considerato “normale”? Massimo D’Alema sostiene che “l’impedimento” è Silvio Berlusconi, quindi fa ricadere su di lui la colpa che il Pd non possa governare. Quelli di sinistra arrivano a dire anche questo! E’ ovvio che se passi vent’anni a demonizzare Berlusconi, e a raccontare che la nostra è la Costituzione “più bella del mondo”, poi è difficile spiegare ai tuoi militanti, ai tuoi elettori, che ora bisogna accordarsi con il “nemico” per cambiare la Costituzione e le regole del gioco che fino il giorno prima si affermava essere perfette.
Che si trovi al governo o all’opposizione, ogni volta che si è presentata l’occasione di discutere di riforme costituzionali, la sinistra ha sempre respinto ogni ipotesi di rafforzamento dei poteri del governo e di elezione diretta del presidente della Repubblica o del premier. L’ha sempre considerato un attentato alla Costituzione, un golpe, un disegno autoritario. Un accordo con il Pdl di Berlusconi, anche solo per cambiare le regole, lo ritengono un vero e proprio tabù: un inciucio. Naturalmente l’azione forsennata della magistratura per eliminare Berlusconi ha il suo peso negativo. L’unico centrodestra con il quale ci si potrebbe accordare per il Pd è un centrodestra “deberlusconizzato”. Ma Berlusconi è solo un alibi. In realtà, la sinistra demonizzerebbe qualsiasi leader in grado di coalizzare un centrodestra capace di batterla. Quindi l’unico centrodestra “buono” per il Pd sarebbe un centrodestra “subalterno”, sconfitto in partenza perché minoritario. Anche nella fase attuale il Pd di Bersani si preoccupa più di marginalizzare il centrodestra che di approfittare di questo momento di stallo per garantire al Paese istituzioni più forti e regole del gioco più efficaci attraverso riforme condivise. Il tentativo di Bersani con i grillini sembra soprattutto una manfrina per guadagnare tempo. Se va in porto, tanto meglio. Ma la sensazione è che il vero obiettivo sia un altro. Più tempo passa, infatti, più si avvicina l’elezione del nuovo capo dello Stato. Si riducono, quindi, i margini di Napolitano per trovare una soluzione che incoraggi una qualche forma d’intesa tra Pd e Pdl. Se ciò accadesse, il Pd sarebbe costretto a dialogare con il Pdl sulla scelta del nuovo Presidente della Repubblica. Se fallisce il tentativo del Pd di accordarsi con Grillo, Napolitano dovrebbe passare la palla al suo successore, che non avrebbe alcun impedimento a sciogliere subito le Camere. Ma intanto il Pd riuscirebbe a far eleggere un altro “compagno” al Quirinale con il 25% dei voti dei grillini, isolando il Pdl, per poi incolpare Grillo delle elezioni anticipate. Dopo vent’anni di antiberlusconismo, quindi di mancate intese sull’aggiornamento delle regole del gioco, siamo arrivati al dunque: o la sinistra si sblocca, e accetta di accordarsi con il Pdl, oppure rischia di far aumentare la spirale d’ingovernabilità e darà ancora più forza al Movimento 5 Stelle.
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