Ci sono ancora parole che fanno breccia nel cuore degli italiani, che donano agli scoraggiati una bella speranza per l’anno che verrà, parole d’autorità che forse un domani saranno stimate di più. Anzi, oggi, in molti non vedono l’ora che il vecchio anno se ne vada e porti via fabbriche che chiudono, cooperative che falliscono, tasse che aumentano e via dicendo.
Se gli italiani all’estero avessero sentito il discorso del Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, nella conferenza stampa di fine anno e se avessero avuto sottomano, ieri, il quotidiano Messaggero con l’ultima intervista 2014 alla Presidente della Regione Friuli Venezia Giulia (FVG), Debora Serracchiani, avrebbero pensato di sicuro alla loro terra d’origine, quella dei loro avi, come a una terra promessa, dopo la schiavitù della crisi.
Epperò, sarà vero che gli abitanti dell’Italia ci credono a una rinascita del Paese? “C’è sfiducia, ma l’Italia ce la farà”, “si è messa in moto e nel 2015 occorre farla correre”, ha detto Renzi, con l’intenzione di far cambiare umore agli italiani. Per lui la parola chiave del 2015 è “ritmo”. Addirittura il premier allarga il suo pensiero all’UE. Vuole sostenere pure la cultura all’estero. E ha annunciato a Tirana che “c’è un contributo importante che crescerà per lo studio della lingua italiana all’estero, non solo attraverso i canali tradizionali”.
Esiste ottimismo nel suo pensare e agire politico, ma non è tutto oro quel che luccica. Nonostante l’apertura alle sfide con lo sforzo di realizzare riforme nel Belpaese, in un’Europa che pretende velocità e adeguamento alle nuove normative, il premier sa bene che ci sono certi bocconi amari difficili da digerire. Lo sa bene pure il popolo italiano. Dopo venticinque anni restano ancora non del tutto risolti i problemi del Nord e quelli del Sud, il problema della sanità e della giustizia, il problema del lavoro e la disoccupazione, solo per dirne alcuni. Per questo motivo anche i gruppi sindacali proseguono la mobilitazione, per avere risposte chiare, prima del nuovo anno.
E intanto in Friuli Venezia Giulia la cassa integrazione raggiunge livelli record in controtendenza al resto d’Italia, secondo il dato dell’Ires Fvg. In 11 mesi 30 milioni di ore, mai così alta nell’ultimo decennio. Solo a novembre le ore di cassa integrazione in regione hanno toccato gli oltre 5,3 milioni. I settori più colpiti dalla recessione sono legno, meccanica ed edilizia.
C’è altro da dire poi sull’anno nero per l’aeroporto di Ronchi, che ha registrato un sensibile calo del trasporto passeggeri su tutte le tratte, crollo con attuale battuta d’arresto, a fronte della concorrenza del polo Venezia-Treviso. Infine, il caso degli ospedali di Gemona e di Cividale riemerge, forte, annunciando momenti di riflessione e di protesta nelle feste in piazza, anche a Capodanno.
Il brindisi al 2015 si farà a suon di musica, e spettacolo pirotecnico dopo mezzanotte, ovviamente; però prima ci saranno due sit-in. Perché nelle due cittadine del Friuli il 2014 porterà via gli ospedali, che diventeranno punti di riferimento sanitari di secondo piano dopo la riforma regionale della sanità. E così, il 31 dicembre, dal castello di Gemona rinato dal sisma del 1976, si avvierà in corteo il coordinamento dei comitati a difesa della struttura dell’ospedale San Michele per un “abbraccio” simbolico al Pronto Soccorso.
Anche a Cividale, poco prima dei veglioni in piazza, alle ore 18:00 dell’ultimo dell’anno si terrà un’altra manifestazione di protesta a difesa dell’ospedale promossa dall’Associazione regionale sanità.
Sono mutati, però, i punti di riferimento nella governance del FVG: il governo ha ora il suo “ritmo”. Certo. L’obiettivo è “cambiare”, verbo ripetuto da Debora Serracchiani, numero due del Pd nazionale. Quest’anno sono state varate le riforme della sanità, degli enti locali, della cultura. Nel 2015 entreranno in vigore, e per realizzarle tutte sarà necessario arrivare fino al 2018. “Governare in questo momento non è facile per nessuno”, ha confessato la governatrice. “La sfida è proprio l’attuazione della riforma. C’è stata già una buona metabolizzazione delle scelte”. “Ciò che più mi preoccupa – ha aggiunto – è che non si riesca ad accettare la sfida culturale che c’è nel cambiamento, ma ho molta fiducia che ce la faremo”.
Per la ripresa economica in Europa il 2015 sarà decisivo, ha ribadito Renzi, numero uno del Pd nazionale. “L’Italia ce la può fare, ce la farà”, o meglio, “ce la faremo”: sono termini impegnativi, coinvolgenti, urgenti, usati dai due presidenti del Pd. Se poi a queste loro espressioni si accosta la recente foto dove li si vede sorridenti insieme, non si può far altro che ben sperare.
Se è vero che solo il corso degli eventi storici ha l’incarico di smentire o confermare tali semplici ma importanti loro affermazioni, è altrettanto certo che esse, legate a un impegno morale e proferite alla fine di un lavoro duro, proprio alla fine dell’anno, possono accrescere nei cittadini italiani la fiducia di un prospero avvenire. Con l’augurio di un buon anno nuovo per tutti!
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