Roma – Il territorio della Repubblica Ceca può rappresentare un’opportunità proficua per l’imprenditoria italiana, così come tutte le aree comunitarie. A dirlo, intervistato da ItaliaChiamaItalia, è il sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova, che domani, mercoledì 25 marzo, volerà a Praga per incontrare i rappresentanti delle principali aziende italiane operanti nel Paese nel corso di un seminario nella sede dell’ambasciata e di un successivo incontro presso la Camera di Commercio italo-ceca.
Quali le questioni che verranno affrontate? Della Vedova lo spiega a Italiachiamaitalia.it: “Domani discuteremo delle principali questioni legate all’attività imprenditoriale dei nostri connazionali in loco. In particolare – sottolinea – ci concentreremo sulle possibilità di investimento e di esportazione che sono garantite non solo dalla Repubblica Ceca, ma da tutti i mercati dei paesi Ue. Ci sono opportunità che vanno esplorate e approfondite, occasioni di collaborazioni economiche e di investimenti in un mercato importante e accessibile come quello comunitario. Si tratta di una scommessa che molte aziende italiane hanno intuito e intrapreso da tempo e che noi siamo intenzionati a estendere, per garantire così un’opportunità in più alla nostra imprenditoria”.
Eletto al Senato con Scelta Civica e presidente in passato dei Radicali Italiani, il sottosegretario ha rilanciato proprio in questi giorni un tema caro alla formazione di Marco Pannella attraverso un disegno di legge per la depenalizzazione delle droghe leggere.
Si torna a parlare di legalizzazione della cannabis, per quale motivo ha scelto di rilanciare una questione che sembra invece indifferente a molti dei suoi colleghi parlamentari?
Perché, a mio avviso, le ragioni che erano valide decenni fa lo sono tuttora. È necessario raggiungere un’intesa in favore della scelta della legalizzazione. Oggi più che mai il dibattito deve e può essere riaperto, in considerazione della diversa traiettoria assunta anche da altri paesi che hanno adottato soluzioni più utili e pragmatiche tralasciando i preconcetti ideologici. Penso, ad esempio, agli Stati Uniti, che hanno optato per la depenalizzazione ormai già in diversi stati.
Musica per le orecchie di Marco Pannella.
Sì, ovviamente lui è favorevole all’iniziativa e lo ha ribadito anche nel corso di un confronto che abbiamo avuto in onda su Radio Radicale. Pannella è un antesignano di questa battaglia in Italia, si è sempre fatto portavoce di quella che, ripeto, è una scelta logica e razionale, non di appartenenza politica.
I Radicali, però, sono sempre stati una voce fuori dal coro. Crede che il Parlamento sia pronto a legiferare in materia, anche in considerazione delle ultime riflessioni della Direzione nazionale antimafia?
Deve. Nei giorni scorsi, nella sua relazione al Parlamento, la Dna ha chiesto al legislatore di intervenire con decisione in favore della depenalizzazione. Credo che sia arrivato finalmente il tempo di arrivare a una soluzione condivisa, non bisogna dimenticare che tutto il tempo che passa è tempo perduto, è un margine di manovra e di guadagno che si cede nelle mani della criminalità organizzata, l’unica che continua a arricchirsi.
In questo senso l’appoggio di Umberto Veronesi e, soprattutto, quello di Roberto Saviano possono essere un traino utile per sensibilizzare l’opinione pubblica?
Indubbiamente sì, credo che nell’opinione pubblica si stia diffondendo l’idea che è ora di cambiare approccio, visti i risultati nulli che il proibizionismo ha avuto finora. Questo tipo di visione, molto ideologica e per niente pragmatica, ha avuto il solo effetto di intasare la giustizia senza risolvere alcun aspetto rilevante nella circolazione delle droghe leggere. Al contrario, i fatti ci dimostrano che il consumo di massa resiste e, per di più, produce processi e, per alcuni, anche il carcere. In questo modo il consumo di droghe leggere non viene debellato e ha l’ulteriore svantaggio di assorbire forza di polizia che, altrimenti, potrebbero essere destinate ad altri impieghi più proficui.
Proprio Saviano, infatti, è intervenuto più volte sulla necessità di privare le mafie di questo profitto.
Un altro aspetto non trascurabile, infatti, è che i ricavi di tutto questo circuito vanno alla criminalità organizzata, l’unica che ne trae realmente beneficio. Nessuno di noi, naturalmente, è favorevole al consumo di droghe di alcun tipo, non si tratta di un giudizio di merito sulla materia, ma del prendere coscienza di quale sia la scelta più razionale che è, appunto, quella di attribuire allo stato la produzione, la distribuzione e la commercializzazione delle droghe leggere, con i relativi profitti che, in questo modo, non rimarrebbero nelle mani delle organizzazioni mafiose.
La sua proposta di legge vuole essere bipartisan ma il suo intento ‘apartitico’ non ha trovato, però, lo stesso riscontro in Parlamento, tanto che, per Forza Italia, ha firmato solo l’onorevole Antonio Martino. Crede che riuscirà a convincere anche questa fetta dell’emiciclo?
Mi auguro proprio che sia possibile coinvolgerli, sulla scia del liberale Martino, e che sostengano questa iniziativa e vi prendano parte. A mio avviso non si tratta di un tema di sinistra o di destra, è un argomento inevitabilmente legato al semplice raziocinio. Legalizzare certe sostanze rappresenta una scelta ragionevole, che non contiene alcun giudizio positivo sull’uso delle sostanze. Lo stato gestisce già il consumo del fumo, anch’esso nocivo. Bisogna quindi regolamentare la produzione, il commercio e l’utilizzo delle droghe leggere, così come già avviene con le sigarette, senza alcuna ipocrisia.
A proposito di ipocrisia, il premier Renzi è stato accusato di utilizzare “due pesi e due misure” in relazione alla vicenda dell’ormai ex ministro Lupi. Crede che i suoi colleghi sottosegretari del Pd, colpiti da avviso di garanzia, dovrebbero dimettersi?
Credo che su questo argomento siano esaustive le parole di Renzi che ha ben ricordato e rimarcato la differenza tra le questioni di opportunità politica e il presupposto costituzionale dell’innocenza fino ad avvenuta sentenza. Si tratta di due piani diversi. Possono verificarsi ragioni diverse per le quali una persona decide di dimettersi senza alcun avviso di garanzia e ragioni per le quali, invece, un semplice avviso di garanzia non può rappresentare una ragione valida a produrre delle dimissioni. In questo condivido in pieno la linea del premier.
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