Antonio (questo è un nome di fantasia per salvaguardarne l’anonimato) ha 34 anni, è un radiologo rispettabile e lavora da ormai dieci anni nello stesso ospedale. Un ragazzo di quelli per bene, con i capelli tagliati a scodella, la barba fatta e i modi gentili. Padre da qualche settimana, Antonio si illumina parlando della figlioletta Gaia e delle notti insonni che sta passando con la compagna. A raccontare la sua storia, e ad intervistarlo, è Gente d’Italia, quotidiano italiano distribuito in Uruguay e diretto da Mimmo Porpiglia.
Antonio coltiva marijuana per uso personale: “Quest’anno per la prima volta sono riuscito a portare a termine il raccolto. Le piante hanno bisogno di attenzione, di molta attenzione e non ci si può improvvisare coltivatori, è necessario studiare anche un po’ di botanica per capire che cosa si stia facendo, quali siano le regole del gioco”. Questo proprio nel periodo in cui in Uruguay si sta pensando a legalizzare la ganja. Lui spiega: “Non sono uno di quelli che a quattordici anni si faceva gli spinelli nel dopo scuola. Il mio primo spinello l’ho fumato a 26 anni con degli amici e non so nemmeno come sia successo. Avevano un porro e ho deciso che quel giorno volevo capire cosa provocava la cannabis. Sono sempre stato contrario alla droga, io non ci ho mai pensato neanche un secondo, ma alla fine ho provato…”.
La proposta di legge sulla legalizzazione della marijuana in Uruguay prevede la possibilità di iscriversi ai cosiddetti “club de cultivo”, un’alternativa più semplice della coltivazione personale che permette di portare le proprie piante in un luogo in cui qualcuno si occupa di crescerle. Antonio ha mai pensato a questa alternativa? “I club de cultivo mi sembrano un’eccellente opzione alla coltivazione personale, ma a me piace avere le mie piante. So quello che consumo. La legalizzazione della marijuana rappresenta un grande passo avanti, che permette ai consumatori di verificare che cosa consumano, senza dover essere esposti ad additivi chimici o a prodotti che non sono certo fatti con attenzione e cura. I club de cultivo sono a mio parere un’eccellente strumento per combattere il narcotraffico e il ricorso a spacciatori spregiudicati. Credo che non avendo la possibilità di contare con un giardino mio, mi iscriverei certamente ad uno di essi. Non tutti hanno il tempo e la voglia di seguire il raccolto, di valutare il livello di THC… Non parlo di essere coltivatori intransigenti che misurano tutto al millesimo, ma è chiaro che se sei il responsabile della tua raccolta sei in una posizione ben differente rispetto a quella del membro di un club”.
Considera positivamente la proposta di legge sulla legalizzazione della marijuana? Ci sono dei punti che non la vedono d’accordo? “La proposta di legge è un grande passo avanti in questo tema. Certo è che da un lato si legalizza e dall’altro si mettono dei paletti un po’ fuori dal tempo. La tessera per il consumatore, le quantità stabilite da ritirare in farmacia… Tutto questo non è molto attuale. Non posso dire di conoscere la legge in tutti i suoi punti, ma mi sembra positivo che si permetta la coltivazione, anche se ovviamente il controllo eccessivo sui consumatori non mi vede d’accordo”.
Antonio dice di sapere “benissimo che la marijuana non è un toccasana. Ma in realtà, se ci pensiamo bene, il danno si materializza a livello polmonare in genere, come succede fumando sigarette. Usando un semplice vaporizzatore quest’effetto negativo si neutralizza. In molti temono i danni provocati dalle canne, ma tutto dipende sembra dal come e dal quanto si fuma. Con l’esperienza che ho maturato posso dire che i danni non sono tanti… Forse la memoria a corto termine non ne beneficia, ma l’alcol è legale e non fa per niente bene comunque, no? Io fumo dopo il lavoro e non fumo nemmeno una canna intera, la lascio sempre e magari prima di dormire me la finisco, ma non succede ogni giorno. C’è gente che fuma di più. Per me è una forma come un’altra di rilassarmi e di passare tempo con gli amici. E ora sono interessatissimo ai rimedi naturali che si possono ricavare dalla cannabis. Dovremmo smetterla di considerare chi fa uso di cannabis come un drogato, lo può essere, ma non lo è necessariamente”.
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