Secondo un recente studio Ocse, non siamo felici. Nonostante una vita media (83 anni) eccellente, non riusciamo a sviluppare una curva facciale che deragli verso l’alto. Che cosa ci è successo? Siamo sempre stati un Paese dinamico, ricco d’inventiva, di voglia di fare, abbiamo nel Dna lo spirito d’adattamento e la capacità di innovarci per sopravvivere. Non siamo mai stati i più forti, ma eravamo i più adattabili ad ogni condizione. Avevamo in seno un ombrello per ogni pioggia imprevista. Ora pariamo spenti, incapaci di reagire. Tiriamo a campare invece di tirar le cuoia, come direbbe la buon’anima d’Andreotti. Ci siamo arresi alla delusione del panorama che ci han propinato e non siamo più determinati nel propalare energie.
Il mercato occupazionale annaspa, v’è una tragedia ancor più grave dei giovani disoccupati. E poi quella dei 50enni che si vedono perdere il posto e tutta la bengodi sociale di cui avevan fatto incetta, cullandosi di un welfare (pensionistico, sanitario, e di tutele) che ora sfuma e non produce più certezze.
Le ricette sono molte eppure nessuna sfocia in un buon dessert da servire a questo Stivale scucito nelle fondamenta economiche. La paura e l’incertezza montano un fattore psicologico devastante, la spirale negativa si autoalimenta continuando a scavare nello scarno tessuto della produttività. Tertium non datur, o riprendiamo a crescere o ci sediamo sulle macerie. Preferisco sperare in un domani, che guardare un passato in bianco e nero.
Twitter @andrewlorusso