“Buffone-buffone”, gli hanno gridato in faccia cinquanta studenti all’arrivo al Rettorato dell’Università di Siena. Enrico Letta era lì per un convegno del British Council. Un antipatico spazio nel week end del presidente del Consiglio, movimentato anche da una spiacevole notizia: denunciati dalla magistratura cinque dei trentacinque saggi da lui scelti per la commissione affari costituzionali.
“Buffone-buffone”, si è preso gli insulti anche un politico di lungo corso, Giuliano Amato, lui premier in passate legislature. Letta e Amato, politici toscani entrambi bersagli della rabbia degli studenti toscani. Una clamorosa protesta, sfociata in episodi di vandalismo e parolacce anche in altre città della Toscana. E gli striscioni. Quello degli studenti a Siena: “Noi la fiducia non ve la diamo”. A Livorno gli scioperanti hanno manifestato contro la crisi e la parità di diritti civili. L’autunno caldo nelle università e nelle scuole è già cominciato.
La prima protesta stagionale ha avuto come bersaglio anche le banche. A Livorno, in via Cairoli, gli scioperanti hanno messo, simbolicamente, un nastro bianco e rosso alle porte d’ingresso degli istituti di credito. Anche qui uno striscione: “La crisi la paghino le banche”. Qua e là monta la tensione, testimoniata anche dal lancio di un fumogeno contro il Municipio, a Pisa. Nessuna degenerazione, però. La protesta non è tracimata mai in violenza. Le forze dell’ordine hanno tenuto sotto controllo la situazione. A Firenze migliaia di studenti in corteo nelle strade del Centro Storico, da piazza San Marco a piazza Santo Spirito. Striscioni, ma anche slogan. Tipo: “I soldi per la scuola si possono trovare tagliando la spesa militare”. Anche qui lancio di fumogeni e di volantini. Il cui contenuto ha espresso il no alle telecamere di sorveglianza, al divieto di fumo a scuola, ai registri elettronici, ai cani antidroga. Una protesta globale, a ben vedere. Gli studenti contro tutto e tutti.
In via Tornabuoni, la strada delle griffe, su una vetrina è comparsa una frase scritta con lo spray. “Tutto questo lusso è una provocazione”. Ovvero, secondo i due non anonimi autori dello scritto sostenuti dalla massa, un’offesa, uno schiaffo, uno sberleffo alla povertà crescente in Italia. Identificati i due autori, entrambi maggiorenni. Per loro è scattata la denuncia per imbrattamento.
Lo scandalo dei concorsi universitari truccati coinvolge dodici università. La Guardia di Finanza ha denunciato trentotto persone. Tra queste, il gotha del diritto costituzionale in Italia, e cinque saggi scelti da Enrico Letta, il premier dell’attuale Governo. Bernaedini Caravita di Torrito, della Sapienza Roma, è stato soggetto a perquisizione nel 2011. Secondo la Guardia di Finanza, sapeva di essere indagato al momento della sua nomina a saggio. Le indagini parlano di almeno trentacinque concorsi truccati. L’inchiesta prende le mosse alla fine del 2008 su un dottorato di ricerca bandito dall’Università di Bari. Sarebbe stato pilotato. Le perquisizioni sono scattate a marzo 2011, finalizzate alla ricerca dei documenti dei concorsi nelle sedi universitarie e negli studi dei docenti. L’indagine è praticamente chiusa; l’ultima proroga è del dicembre 2012. I costituzionalisti si spartivano le cattedre. I saggi del premier invischiati in traffici accademici? Denunciati, con Bernardo Caravita di Torrito, Augusto Barbera e Giuseppe de Vergottini dell’Università di Bologna, Carmela Salazar (Reggio Calabria) e Lorenzo Violini, dell’ateneo di Milano. La storia parte da Aldo Ludovici, ordinario di diritto costituzionale. Sospetto un dottorato di ricerca a Bari. Il telefono del professore messo otto controllo e da quel momento l’indagine si allarga a macchia d’olio in tutta Italia. La Guardia di Finanza ne ha registrato il testo.
“Altro che concorsi truccati. Altro che cattedre pilotate. Hanno preso una cantonata. Altro che associazione a delinquere. Questa è solo una trasmissione della scienza”. La Guardia di Finanza è convinta esattamente del contrario, ritenendo di aver scoperto e ricostruito “un sistema di corruttele basato su scambi di favori e protezione reciproche tra i più autorevoli docenti, che tramite accordi clandestini preferivano la logica clientelare rispetto a quella del merito”. Un sistema collaudato, evidentemente non nuovo. Mariastella Gelmini, al tempo ministro della Pubblica Istruzione, cambiò le regole concorsuali, affidando tutto al sorteggio da un elenco di docenti eletti degli stessi colleghi. Fatta la norma, trovato l’inganno. Tipo le pressioni sul Ministero affinchè non fosse istituita la nuova norma. L’Italia è questa, il paese del calcetto e dello scappellotto. Avanti amici e parenti.
Discussione su questo articolo