Il padre di Matteo Renzi ancora nei guai. Il giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Genova Roberta Bossi ha disposto un supplemento di indagini a carico di Tiziano Renzi, padre del premier, indagato per bancarotta nel procedimento per il fallimento della Chil post. Il pm aveva chiesto l’archiviazione, non accolta dal gip.
Secondo il gip genovese, "le risultanze investigative forniscono dati in apparente contrasto con la conclusione cui e’ pervenuta la pubblica accusa". Per questo "si rende necessario un supplemento di indagine volto a acclarare i rapporti contrattuali intercorsi tra il gruppo Tnt e le societa’ Chil Post srl e Chil promozioni srl".
L’avvocato Federico Bagattini, difensore di Tiziano Renzi, commentando la decisione del gip di Genova sulla vicenda Chil Post assicura: “Si tratta di accertamenti che non daranno sorprese, essendo tutto documentabile e privo di ogni rilievo di carattere penale”.
LA STORIA La Chil post, una societa’ di marketing e promozione con sede a Genova, era stata dichiarata fallita il 7 febbraio 2013, tre anni dopo il passaggio di proprieta’ dal padre del premier Tiziano Renzi a Antonello Gambelli e Mariano Massone. Per il pm Marco Airoldi non sarebbe pero’ emerso alcun elemento per far ritenere che Tiziano Renzi avesse avuto una ‘regia’ anche dopo la cessione, nonostante i dubbi sui suoi datati rapporti d’affari con Massone. Il padre del premier era stato accusato di una bancarotta fraudolenta per 1,3 milioni di euro a seguito del fallimento della Chil.
Il curatore fallimentare aveva ravvisato alcuni passaggi sospetti nella cessione di rami d’azienda ‘sani’ alla Eventi Sei, societa’ intestata alla moglie di Tiziano Renzi Laura Bovoli, per poco piu’ di 3000 euro, cifra non ritenuta congrua. Prima della cessione della societa’, Matteo Renzi, insieme alle sorelle, ne era stato amministratore e dal 1999 al 2004 era stato anche dipendente della Chil spa. Quando l’attuale capo del Governo venne eletto presidente della Provincia di Firenze (2004), aveva avuto il ‘distacco’ dall’azienda dopo averne ceduto il 40% delle quote; continuo’ a percepire i contributi lavorativi per nove anni.
FRATELLI D’ITALIA "Mi auguro che la stessa attenzione posta dai magistrati di Genova sul fallimento della Chil e il coinvolgimento di Tiziano Renzi venga replicata dalla Procura di Firenze sulla vicenda vergognosa e immorale del debito concesso, mai restituito e ripianato con soldi pubblici, da Fidi Toscana all’azienda di famiglia del premier". Lo afferma Giovanni Donzelli, capogruppo di Fratelli d’Italia in Regione Toscana, che ha sollevato il caso con diverse interrogazioni. "Su questa storia – aggiunge – non siamo disposti a fare sconti e non molleremo di un centimetro fino a che quelle risorse non torneranno nelle casse pubbliche".
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