Il vice-presidente di Futuro e Libertà, Italo Bocchino, aveva garantito il suo appoggio e quello del suo partito a Nicolas Sarkozy in un messaggio inviato a Jean-François Copé, segretario generale dell’Ump, una settimana fa. Nel messaggio Bocchino ricordava la comune appartenenza al gruppo dei popolari europei, la sintonia di visione e la necessità di soluzioni condivise per la risoluzione dei problemi europei.
In Italia il Pd ha preso posizione per Hollande e Pierluigi Bersani ha partecipato, due settimane fa, ad una manifestazione a Parigi in sostegno del candidato socialista, anche se quattordici deputati del suo partito, guidati da Fioroni e Follini, in una lettera al “Foglio” di Giuliano Ferrara, si sono schierati con François Bayrou. Da notare il silenzio del Pdl, mentre i giornali berlusconiani attaccano, quasi quotidianamente, Sarkozy. “Libero” in particolare ha preso di mira la prémiere dame Carla Bruni con una serie di articoli al vetriolo. Italo Bocchino, a colloquio con Italiachiamaitalia.it, ufficializza le sue posizioni sulle elezioni presidenziali francesi.
Qual é, On. Bocchino, la posizione di Fli sulle elezioni francesi?
Noi siamo con Sarkozy, che ha saputo rappresentare in anni difficili la destra europea che con Futuro e Libertà stiamo cercando di importare in Italia dopo la fine del berlusconismo. Una destra capace di affrontare la crisi senza promesse mirabolanti.
Nicolas Sarkozy, parlando dell’Europa, ha detto che é l’unica regione del mondo a non far rispettare le proprie frontiere e chiede di sanzionare gli Stati che hanno carenze così come avviene quando non si rispettano i parametri economici. Minaccia anche di denunciare gli accordi di Schengen se non si troveranno soluzioni. Condivide queste posizioni?
A parte i toni da campagna elettorale, non credo che la Francia voglia lasciare Schengen: sarebbe un grave errore e Sarkozy è un leader europeo, non uno sprovveduto. Però provare a ridiscutere gli accordi per capire dove il sistema ha delle lacune e intervenire per migliorare soprattutto la sicurezza credo sia una soluzione di buon senso auspicata dal popolo europeo. Personalmente credo che Schengen abbia rivoluzionato i rapporti tra gli stati firmatari, ma è necessario rendere le nostre frontiere ancora più sicure e combattere la continua immigrazione clandestina.
Sempre Sarkozy denuncia la mancanza di reciprocità tra l’Europa e il resto del mondo e cita l’esempio americano dove, grazie al Buy American act, gli appalti pubblici sono riservati esclusivamente alle imprese americane. Sulla stessa linea Sarkozy propone un Buy European Act per riservare gli appalti pubblici europei alle imprese europee, con una quota del 20% destinata alle piccole e medie imprese. Cosa ne pensa?
Chiudersi agli investimenti internazionali è una follia, specie in periodi di crisi, perché la sfida del futuro di ogni Paese e di tutte le aree del mondo sarà attrarre investimenti, come all’inizio del secolo scorso. Però una parte degli appalti pubblici riservata alle piccole e medie imprese europee per dare loro uno strumento per crescere credo sia una buona idea che possiamo prendere dall’esperienza americana.
L’Ump sostiene che l’Europa deve essere un’opportunità e non una minaccia e fa notare come la maggioranza delle regole che sono imposte ai nostri produttori in termini di tracciabilità, di rispetto delle norme ambientali, di rispetto delle norme sul lavoro non vengono spesso rispettate in altre parti del mondo causando una concorrenza sleale verso i nostri prodotti. L’Europa, dicono, non può essere lasciata ai burocrati, occorre ristabilire il primato della politica; qual é la sua posizione al riguardo?
L’Europa è un’opportunità, una certezza, è il futuro. E quindi non possiamo lasciarla in mano a burocrati che pretendono di regolare ogni aspetto della nostra vita. Una follia che danneggia imprese, commercianti e artigiani. Esagerazioni che ci rendono meno competitivi. Serve una rivoluzione politica dell’Europa, che permetta al popolo europeo di esprimere democraticamente il proprio Governo.
La Francia di Sarkozy ha fatto della difesa della laicità e della lotta contro ogni forma di comunitarismo una delle sue priorità. Le religioni sono rispettate a condizione che siano esercitate nel rispetto delle leggi repubblicane. Per questa ragione in Francia sono vietati i segni ostentatori religiosi nei luoghi pubblici ed é vietato il burqa, contrario alla dignità della donna. Pensa che in Italia si potrà adottare un modello di «integrazione» con la difesa della laicità alla base di un nuovo patto repubblicano, sul modello francese?
La storia dell’Italia non è uguale a quella della Francia, ma le influenze culturali d’Oltralpe, specialmente sul tema della laicità, sono forti. L’integrazione deve essere sicuramente possibile anche in Italia. Non dobbiamo avere paura della società multietnica, perché i valori racchiusi nel concetto di Nazione possono esistere ed essere declinati e trasmessi a prescindere dal colore della pelle o del credo religioso. Ma bisogna evitare deviazioni pericolose, per evitare di cadere in trappole pericolose, come i francesi ben sanno, pensiamo alle banlieue. È chiaro che non possiamo tollerare ciò che le nostre leggi vietano o è lesivo della dignità dell’individuo e neanche un appiattimento culturale su posizioni che offendono la nostra storia e la nostra cultura. Integrazione significa rispetto reciproco, convivenza e condivisione tra culture diverse nel massimo rispetto dei diritti e dei doveri che spettano a ogni cittadino secondo Costituzione. Diritti e doveri che bisogna difendere in modo intransigente.
Cosa ne pensa del presidenzialismo francese e dell’elezione dei deputati col sistema maggioritario a doppio turno in collegi uninominali?
Gianfranco Fini ha indicato il modello istituzionale francese come quello forse più adatto all’Italia. Ma al momento è difficile immaginare un’Italia semi-presidenzialista e con una legge maggioritaria. La nostra Costituzione è molto diversa rispetto a quella francese, così come la nostra storia repubblicana, e quindi solo una grande stagione costituente e una riscrittura radicale della Costituzione può farci avvicinare al sistema francese. Tutto questo non mi sembra raggiungibile, al momento.
In Francia molti si ricordano dell’editoriale che Gianfranco Fini scrisse, nel 1995, su «Le Figaro» in cui annunciò la sua rottura politica con il Front National di Le Pen per sposare il gollismo di Chirac. Nel 2007 fu uno dei più ardenti sostenitori di Sarkozy, scrisse anche la prefazione al suo libro. Sulla scia di questi eventi si può immaginare che Fli si faccia portatore di un disegno politico teso a creare un grande «rassemblement» delle forze politiche moderate del centro-destra sul modello federativo dell’Ump francese?
È l’obiettivo che ci siamo posti dinanzi. Nessuna annessione, nessuna forzatura: abbiamo già dato. Ma l’esempio francese del rassemblement guida la volontà di FLI di creare un grande polo nazionale capace di affrontare le sfide della contemporaneità e provare a immaginare e costruire l’Italia che verrà. E da questo punto di vista, le riforme di Sarkozy e dell’UMP costituiscono per noi un punto di riferimento importante.
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