"Candidadite". C’è chi la chiama così: la malattia che sembra colpire molti personaggi improbabili o fuori corso e che li spinge a volersi candidare per forza, anche quando è chiaro a tutti, meno che a loro, che non hanno alcuna speranza di uscirne vivi. In senso politico, naturalmente.
Cupio dissolvi? O, al contrario, certificazione di esistenza in vita per chi fuori dalle luci della ribalta si considera morto? La seconda ipotesi ci sembra la più realistica nel caso di Emilio Fede, storico direttore del Tg4, che ha deciso di lanciare un proprio movimento. Il nome? "Vogliamo vivere". Perfetta ricostruzione freudiana del desiderio dello stesso Fede, che, superati gli ottanta, ha probabilmente timore del count down. E si autoinveste del ruolo di testimonial di una condizione anagrafica obiettivamente preoccupata per la scadenza del contratto a termine.
L’Emilio nazionale punta dunque a candidarsi al Nord e in Sicilia, spiega. E critica con forza sia il PdL – non l’avreste mai detto, eh? – che il governo Monti.
Aveva bussato tempo fa alle porte del partito del Cavaliere, voleva essere candidato al Senato. Ma nessuno gli ha dato retta. Ed ecco che il caparbio ha deciso di fare tutto da solo: perchè tanto, ormai, il PdL è un partito all’arrembaggio, dice, che suona uno "spartito stonato", un partito che ormai – secondo lui – è nelle mani di Daniela Santanchè. E il direttore non ci sta. Dice no a un partito di siffatta maniera ed è pronto a correre per sè.
Ora, sul sito web del quotidiano Libero, gli italiani si esprimono in un sondaggio che riguarda proprio Fede: e l’85 per cento dei lettori dichiara che non lo voterebbe. Il poverino sarà rimasto di certo sorpreso, e avrà pensato che deve essere stato il Cavaliere Nero a manipolare i risultati.
"Vogliamo vivere" è uno slogan da copiare: che siano i giovani però a farsene testimoni, quei giovani a cui il presente nega una vita dignitosa e il futuro non regala nemmeno illusioni.
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