Marco Fedi e Francesca La Marca, deputati del Pd eletti dagli italiani all’estero, in una nota congiunta accusano Fucsia Nissoli, anche lei eletta oltre confine e appartenente a un partito di maggioranza, di fare pura propaganda in tema di cittadinanza italiana per gli italiani nel mondo, quando invece – sottolineano Fedi e La Marca – sull’argomento servirebbe maggiore informazione.
Spiegano i deputati Pd: “Una deputata di maggioranza, la collega Fitzgerald-Nissoli, dopo aver lanciato una petizione, che ha messo tutti in allarme sul numero di possibili aventi diritto alla cittadinanza italiana, ha dichiarato di aver presentato un solo emendamento che molti di noi hanno sottoscritto. Per quanto ci riguarda, non solo l’emendamento Nissoli non abbiamo potuto firmarlo, ma non l’abbiamo neanche visto. Semplicemente non è stato sottoposto alla nostra attenzione!”. Ecco che Nissoli di fatto viene sbugiardata da Fedi e La Marca, che precisano: “I nostri emendamenti, depositati nella giornata di lunedì, che siano i primi o gli ultimi, sono stati sottoscritti dai deputati del PD Fedi, La Marca, Farina, Garavini, Porta e Tacconi. Sono finalizzati ad ottenere un risultato, con la consapevolezza che la Commissione potrebbe deciderne l’accantonamento per far procedere la riforma d’iniziativa popolare in maniera autonoma e proseguire invece il lavoro sulla riforma degli altri articoli al Senato. Noi comunque proseguiremo nel nostro lavoro”.
Cittadinanza italiana per gli #italianiallestero, dopo il MAIE si fa sentire anche il Pd. Ecco gli emendamenti dei deputati eletti all’estero col Partito Democratico
Posted by ItaliachiamaItalia on Martedì 15 settembre 2015
I due parlamentari del Partito Democratico proseguono: “Crediamo sia utile far tesoro della lezione che questa vicenda ci può dare: i percorsi di collaborazione parlamentare devono essere concordati, e non essere utilizzati a fini propagandistici, evitando di usare temi ‘sensibili’ come la cittadinanza per meri interessi di bottega. Soprattutto, è sempre opportuno cercare di chiarire quali sono i limiti invalicabili delle norme che vogliamo introdurre”, perché, ribadiscono, “alcuni temi, tra essi sicuramente la cittadinanza, andrebbero sottratti al gioco politico delle parti e ai giochi propagandistici delle persone”.
Fedi e La Marca desiderano essere più precisi possibile e riassumono: “In questi anni, dal 2006, abbiamo sempre cercato, nelle proposte di legge, negli emendamenti e ordini del giorno, di chiarire di cosa parliamo: applicare una sentenza della Cassazione per garantire, ex-post, la parità tra i generi in tema di cittadinanza, con la possibilità di trasferirla ai figli attraverso modifiche regolamentari; consentire il riacquisto a coloro che, già italiani, hanno perso la cittadinanza prima del 1992 e non hanno potuto riacquistarla. Un’azione responsabile e limitata, consapevole delle difficoltà che s’incontrano in questo campo, tesa a garantire principi e diritti, a superare le contraddizioni di legislazioni che negli anni si sono sovrapposte e, soprattutto, a non stravolgere l’attuale ordinamento in materia di jus sanguinis”.
“Il provvedimento di cui si sta occupando la Commissione affari costituzionali è una proposta di legge d’iniziativa popolare tesa a semplificare le procedure per la concessione della cittadinanza ai figli di stranieri che nascono in Italia o a chi risiede in Italia con permesso di soggiorno. Dal primo giorno abbiamo posto all’attenzione del Governo, del Parlamento e dei colleghi eletti all’estero il tema di come affrontare questa discussione, considerato anche che al Senato le questioni specifiche riguardanti gli italiani nel mondo sono arrivate alla decisione dell’aula. La domanda era: emendare un testo che fondamentalmente è predisposto per affrontare un tema già delicato, rischiando anche di allungare i tempi e complicarne l’iter, oppure agire sostenendo l’azione del Senato? Non è arrivata risposta. Le uniche risposte, anzi, sono venute da colleghi di altre formazioni politiche a colpi di comunicati stampa. Certamente sono stati i primi a comunicare, non necessariamente i primi a presentare gli emendamenti e certamente non i primi a presentare le proposte di legge sull’argomento”.
“La sentenza della Cassazione che restituisce la cittadinanza alle donne che l’hanno perduta sposando uno straniero, dovrebbe essere un fatto acquisito sul piano giuridico, c’è bisogno solo di una norma che definisca il percorso regolamentare. Il riacquisto della cittadinanza da parte di chi è nato in Italia e poi ha perduto all’estero la cittadinanza per necessità di lavoro si riferisce ad un panorama limitato di persone che comunque, già oggi, potrebbero avvalersi delle norme della legge 91/92 rientrando in Italia e riacquistando la cittadinanza italiana immediatamente o dopo 12 mesi di residenza”. In conclusione, altra bacchettata a Nissoli: “Fobie e preoccupazioni, insomma, vanno combattute con l’informazione, accurata e precisa, non con la propaganda”.
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