"Facciamola, la legge. Ma unioni civili e matrimonio devono rimanere su un terreno diverso: il matrimonio è legato alla generazione e all’educazione dei figli. Io ho rispetto per l’affettività di tutti. Ho molti amici gay, l’ultima cosa che potrei pensare è imporre una morale agli altri. Ma chiedo rispetto anche per chi la pensa diversamente". Lo afferma Pier Ferdinando Casini, leader dell’Udc, in una intervista al Corriere della Sera.
Nell’intervista Casini critica il disegno di legge sulle unioni civili proposto dal Pd: "E’ un passo verso il parallelismo tra unioni civili e matrimonio, e in un secondo momento farà sì che conviventi omosessuali possano crescere figli. Ad esempio è previsto che, con l’assenso dell’ex moglie, una coppia gay possa adottare i figli del primo matrimonio di uno dei due conviventi. Ma le unioni civili possono avere diritti e doveri a se stanti; non possono essere la fotocopia del matrimonio. Stiamo dando valore assoluto a un diritto soggettivo delle persone, inteso come pretesa al di fuori dei confini del naturale. Su questa strada si arriverà all’utero in affitto, ai matrimoni di comodo con sfruttamento dei più deboli: molte coppie gay utilizzeranno, dove ci sono situazioni di bisogno, madri in affitto per avere dei figli che la natura, non la loro pretesa, gli precluderebbe".
E aggiunge: "Il punto è: per il legislatore rappresenta ancora un valore la promozione della famiglia? Ha ancora un senso rispettare i diritti del più debole? E il più debole non è la coppia gay, è il bambino, che ha diritto all’affettività materna e all’affettività patema".
Casini commenta le parole del segretario di Stato in merito al referendum irlandese come di passo indietro per l’umanità: "Le parole del cardinale Parolin sono importanti, perché hanno riportato all’attenzione dei media l’idea che la Chiesa indirizza ai credenti, giusta o sbagliata che sia. Per chi non crede può essere sbagliata; ma è quella, e non se ne può fare una caricatura. Comunque la mia non è un’esigenza religiosa: io sarei l’ultimo ad aver diritto di parlare ex cathedra. E’ una battaglia di libertà per tutti, che vale la pena di essere combattuta, senza per questo essere demonizzati. La patente di progressista non la può dare l’Arcigay".
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