Da qualche tempo provo una strana sensazione quando mi fermo a pensare alla politica italiana: e’ anche vero che per un certo periodo lungo sono stato distante e trovo difficile commentare gli ultimi avvenimenti, Italicum, pensioni, scuola; ma su una cosa sono certo che non sia cambiato nulla nei palazzi romani: nelle politiche per gli italiani all’estero. Non c’è alcun dibattito parlamentare che li riguardi, solo qualche timida interrogazione di circostanza in aule semivuote.
Eppure ci sono 18 rappresentanti delle comunità italiane del mondo: evidentemente divisi e distanti tra loro, e che non sanno mettere il loro mandato elettorale al servizio delle istanze e dei bisogni almeno di chi li ha eletti e ha creduto nel loro impegno. E con rammarico e sconcerto devo prendere atto che anche il M5S in questi ultimi mesi si è allontanato dalla realtà, sta diventando come tutti i partiti, perennemente in campagna elettorale.
E’ vero che in Italia ci sono ogni anno elezioni di vario genere e questo impone di fare campagna continua, ma e’ anche vero che la realtà e i problemi vanno affrontati seriamente nelle sedi opportune e non solo nelle piazze.
Quando capiremo che gli italiani nel mondo sono una risorsa, economica, culturale e sociale, allora forse sara’ troppo tardi.
Le risorse economiche realmente destinate alle comunità di italiani che vivono all’estero l’occhio umano non riesce a vederle, ci vorrebbe la lente di ingrandimento per scoprirle nei meandri dei mille piccoli rivoli degli sprechi.
Andiamo per ordine: sul territorio estero operano vari enti pubblici, associazioni che percepiscono contributi dallo Stato Italiano; ci sono poi le ambasciate e i Consolati; sono poi mantenuti a vario titolo e con varie mansioni i Patronati, i Comites, il CGIE, il COASIT, i Rappresentati Parlamentari. Senza considerare i finanziamenti che percepiscono giornali e riviste di vario genere che pure si lamentano dei tagli. Lo Stato Italiano mette a disposizione di un esercito di persone cifre da capogiro, oltre 10 milioni di euro solo per la stampa estera, spesso periodici o giornali privati e a senso unico.
Tutta questa economia gira a vantaggio di pochi: sarebbe utile e urgente rivederne l’uso e l’utilità; riformare il metodo di erogazione di questi contributi e incominciare ad analizzare a fondo anche tutto il comparto dei Patronati, anche questi poco trasparenti e gestiti da pochi intimi.
Quando il parlamento e i nostri rappresentanti esteri incominceranno a occuparsene forse sarà troppo tardi; ma forse non ne hanno voglia, perché giornali e patronati sono alleati perfetti durante le elezioni e non solo: politica e clientelismo fanno parte, purtroppo, del DNA degli italiani, che siano dentro o fuori dei confini.
La vera riforma per gli italiani nel mondo e’ quella di eliminare gli sprechi e ridurre le competenze che spesso sono duplicate tra loro; qualcuno dovrà spiegarmi prima o poi che differenza c’e’ tra Comites, CGIE e rappresentanti esteri. I patronati potrebbero essere eliminati affidando ai consolati un ufficio per le pratiche pensionistiche; forse si ridurrebbero le spese INPS e magari si potrebbero investire i soldi risparmiati nelle politiche emigratorie di tanti italiani che vanno all’estero.
Considerate anche che 20 regioni Italiane hanno uffici di rappresentanza estera e immaginate quanto costano. Gli sprechi non finiscono mai.
Mi auguro che tutti i soggetti coinvolti nelle problematiche degli Italiani nel mondo cambino strategia e che gli eletti all’estero facciano meno propaganda e più fatti.
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