L’urlo e’ esploso alle 4.18 del mattino a Londra, in un angolo di Marylebone: ‘Four more years’. La festa e’ cominciata e si e’ spezzata la tensione di una maratona elettorale vissuta col fiato sospeso anche da questa parte dell’Atlantico, in un ‘improvvisato’ quartier generale dei partito democratico americano oltre Manica. ‘Sono orgogliosa del mio paese’, sospira Celina, californiana, ‘Romney avrebbe potuto vincere e sarebbe stato orrendo, per gli Stati Uniti ma anche per il resto del mondo’.
Gia’ prima della mezzanotte a centinaia avevano riempito il bar in stile americanissimo dove DemocratsAbroad, organo del partito democratico Usa che lavora sul voto all’estero, ha chiamato a raccolta volontari e sostenitori. Bandiere a stelle e strisce, festoni, hamburger e alette di pollo. Anche una sagoma del presidente Obama. ‘vivendo fuori dagli Usa ho capito quanto questa elezione sia importante anche per il resto del mondo’, spiega Ashley Thomas, di 26 anni del Colorado, che indossa una maglietta a stelle e strisce con stampato il volto di Obama.
Caroline Bridgwater invece e’ americana solo per meta’ ‘ma voto sempre e voto Obama. Perche’ mi preoccupa l’alternativa, mi preoccupa la politica estera di un presidente repubblicano. E metto in guardia i miei connazionali: ci sono stati momenti in cui l’antiamericanismo e’stato molto diffuso. Non torniamo indietro’.
Anche Jey Foley ha la doppia cittadinanza ‘nelle elezioni britanniche voto conservatori, ma in quelle americane ho votato Obama. Tra le due cose ci sono similitudini. I repubblicani non hanno un piano economico per non parlare della politica estera: non voglio un’altra guerra’. Peter Zenneck e’ ancora piu’ pragmatico: ‘Vivo qui ma pago le tasse negli Usa, e’ normale che io scelga il mio presidente’.
E mentre i democratici ‘dichiarati’ sperano, poco lontano L’ambasciata americana di Londra e’ illuminata a giorno, sulla facciata, grazie ai proiettori, le stelle e strisce della bandiera. Nella notte nera di Grosvenor Square, austera piazza dell’altolocata Mayfair, sembra quasi il tendone di un circo.
Dentro, sembra si sia dato appuntamento mezza città, l’altra metà è fuori che cerca di entrare. E’ piena zeppa di giornalisti d’altura – come il conduttore della BBC Andrew Marr – o di politici di lungo corso. La lista degli invitati è lunga come l’attesa per sapere chi sarà il nuovo presidente. Cosí, per tirar mattino senza i morsi della fame, negli scantinati è stato allestito un McDonald’s da campo e i camerieri girano con i Big Mac sui vassoi manco fossero tartine al caviale. I drinks non mancano e musica rock si alterna al dixieland. Tutto suonato dal vivo.
Tra i vip (Bob Geldof, ad esempio), i politici e i reporter si aggirano personaggi vestiti da statua della libertà, zio Sam ed Elvis per la gioia dei fotografi. arrivano i primi risultati e A giudicare dagli applausi, la maggioranza tifa Obama. Quando la CNN dà le proiezioni per l’Ohio la sala stampa esplode in un ruggito. Gli expat americani sono tanti ma anche i ‘cugini’ britannici non scherzano: la "relazione essenziale" gomito a gomito. L’ambasciatore Louis Susman fa la sua parte senza tentennamenti: "Non importa chi vince le elezioni, il rapporto tra i nostri due paesi non cambia, è troppo profondo".
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