Il made in Italy non e’ solo quello piu’ appariscente legato alla dimensione ‘artistica’ della moda e del design, ma e’ anche quello meno noto dell’innovazione tecnologica: per questo oggi e’ ‘atterrato’ al Pushkin di Mosca il prezioso Codice sul Volo degli Uccelli, testo che Leonardo da Vinci scrisse tra il 1505 e il 1507 aprendo la strada al volo artificiale. Fino al 27 gennaio sara’ la punta di diamante della mostra ‘Cinque secoli di disegni italiani’, 250 opere scelte tra le oltre 3000 della collezione del museo: le piu’ antiche in esposizione sono un disegno della cerchia del Mantegna (fine ‘400) e uno di Carpaccio (1505 circa), ma si arriva sino a Modigliani e Guttuso passando per Veronese, Tiepolo, Palma il Giovane, Francesco Salviati, Guido Reni, Guercino, Guardi.
La star resta pero’ Leonardo con il suo codice, che finora ha lasciato la Biblioteca reale di Torino solo tre volte (Usa, Bruxelles e l’Aquila per il G8), finendo in microchip anche su Marte, a bordo del rover Curiosity. ‘Leonardo e’ il miglior testimone del rapporto che lega tecnologia ed arte’, ha sottolineato l’ambasciatore a Mosca Antonio Zanardi Landi, ricordando che l’esposizione e’ stata organizzata nell’ambito di Exhibitaly, la manifestazione voluta dal governo italiano per promuovere le eccellenze italiane in Russia (e il cui logo e’ proprio l’uomo leonardesco).
Ma questo codice, cui valore secondo gli esperti non sarebbe inferiore a quello del codice Hammer dello stesso autore (acquistato nel 1994 da Bill Gates per 30 milioni di dollari), e’ anche un esempio della storica amicizia tra russi e italiani: fu infatti Fiodor Sabashnikov, figlio di un mercante siberiano di te’ e d’oro, ad acquistare il codice nel 1892 e a donarlo poi al Re d’Italia Umberto I, che lo consegno’ alla Biblioteca Reale di Torino. Il suo valore fu stimato 10 mila lire dell’epoca. Sabashnikov fu chiamato ‘principe’ proprio per tale principesca generosita’. Questa e’ forse la parentesi meno nota della rocambolesca storia del codice, segnata da protagonisti come Napoleone (che da Milano lo porto’ in Francia come bottino di guerra), Casa Savoia, scienziati, bibliofili e anche raffinati cleptomani. Dopo varie peripezie, che portarono al suo provvisorio smembramento, nel 1892 il codice fu acquistato in un’ asta londinese da Sabashnikov, che lo porto’ a Parigi e lo pubblico’ l’anno dopo in una splendida edizione in facsimile di sole 300 copie, a cura del leonardista italiano Giovanni Piumati (riprodotta per l’occasione dall’ambasciata italiana a Mosca in 1000 esemplari, grazie a Enel). Sabashnikov riusci’ a rintracciare uno dei fogli mancanti in tempo per includerlo nella sua edizione, e il 31 dicembre dello stesso anno dono’ l’originale del codice a Umberto I, dopo averlo pubblicato con dedica alla regina Margherita.
Il ‘principe’ abitava a Mosca in un palazzo in stile barocco sullo storico Arbat, frequentato da tutto il bel mondo cittadino: Rubinstein ci tenne concerti e ci passo’ anche l’attrice francese Sara Bernhardt. Ma nel 1889 Sabashnikov, con la fortuna ereditata da padre, si era trasferito a Parigi, in una fastosa residenza contornato da libri e quadri, compresi alcuni disegni di Leonardo di cui si sono perse le tracce. Nel 1982 gli riusci’ il colpo straordinario di comprare il Codice del volo. All’alba del nuovo secolo, tuttavia, l’enorme ricchezza di Sabashnikov era quasi evaporata. Il ‘principe’ comincio’ a dare segni di instabilita’ mentale e fu accolto nel regio ospizio della carita’ di Torino, citta’ di cui divento’ cittadino onorario e dove mori’ in poverta’ nel 1927: ma della sua tomba si e’ persa ogni traccia. Lo sbarco del codice del volo a Mosca e’ quindi anche un omaggio e un ringraziamento postumo al principe russo, 119 anni dopo il suo munifico dono all’Italia.
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