A cinque anni dalla proclamazione unilaterale d’indipendenza, la situazione in Kosovo presenta ancora piu’ ombre che luci, e se si registrano innegabili progressi nei rapporti con Belgrado grazie al dialogo favorito dalla Ue, corruzione, criminalita’ organizzata, disoccupazione e poverta’ continuano a condizionare in negativo la vita economica e sociale del piccolo Paese balcanico. Quello che e’ considerato il piu’ giovane Stato d’Europa, e che domani celebra il quinto anniversario dell’indipendenza proclamata da Pristina il 17 febbraio 2008, continua infatti a essere definito da molti ‘Mafialand’, con tassi altissimi di corruzione e criminalita’. Eulex, la missione civile europea, ha avviato numerosi processi anche a carico di ministri e esponenti politici di rilievo, con decine di persone che sono state arrestate e condannate. Il 40% circa della popolazione, secondo dati statistici di Pristina confermati dalla Banca mondiale, risulta disoccupato e oltre il 20% degli abitanti vive in condizioni di poverta’ estrema. E questo nonostante il Kosovo, sullo sfondo della generale recessione in Europa, abbia registrato nell’ultimo anno una crescita economica del 2%.
Non si puo’ del resto non notare una generale insoddisfazione della popolazione, quasi un senso di frustrazione, per una indipendenza che e’ ancora precaria e per lo piu’ incompiuta. La liberalizzazione dei visti resta un sogno ancora lontano, il seggio all’Onu appare una chimera per la strenua opposizione di Serbia e Russia, con la conseguente impossibilita’ per il Kosovo di aderire a importanti organizzazioni internazionali quali Fifa e Uefa, cosa questa che non consente al Paese di tenere incontri calcistici internazionali. Il Kosovo non dispone ancora di un suo proprio prefisso telefonico internazionale, e continua a utilizzare quello della Serbia per la telefonia fissa, e quelli di Slovenia e Monaco per quella mobile. In compenso, in questi cinque anni, Pristina ha aderito a Cefta (Organizzazione di libero scambio fra i Paesi dell’Europa centrale) e Bers (Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo). Ma ovviamente non basta a fare del nuovo stato una autentica realta’ internazionale.
Il bilancio piu’ positivo, e forse insperato, riguarda senz’altro i rapporti con Belgrado, migliorati notevolmente con il dialogo portato avanti negli ultimi mesi dalla nuova dirigenza serba (conservatori nazionalisti e socialisti), con la mediazione della Ue. Bruxelles del resto ha detto a piu’ riprese e in modo molto chiaro che il cammino ulteriore di Serbia e Kosovo verso l’integrazione nella Ue dipende dalla normalizzazione dei loro rapporti.
Anche se il nord a maggioranza serba resta sostanzialmente fuori della piena sovranita’ di Pristina, con il persistere di instabilita’ e tensioni interetniche fra serbi e albanesi, i ripetuti incontri a Bruxelles fra i premier serbo Ivica Dacic e kosovaro Hashim Thaci hanno favorito la conclusione di diversi importanti accordi, miranti a migliorare la vita quotidiana di tutta la popolazione. In primo luogo quelli sulla gestione congiunta dei checkpoint di confine, e sullo scambio di rappresentanti nelle rispettive capitali (basati tuttavia negli uffici Ue). Ma utili si sono rivelate anche le intese sul riconoscimento delle lauree e sui registri catastali.
La volonta’ di dialogo e’ stata ribadita da un incontro al massimo livello anche fra i due presidenti, Tomislav Nikolic e Atifete Jahjaga. Il nodo piu’ intricato e difficile da sciogliere resta tuttavia quello della situazione nel nord del Kosovo, dove la popolazione serba continua a sottrarsi al controllo e alla sovranita’ di Pristina, rispondendo a ‘strutture parallele’ di governo, sostenute e finanziate da Belgrado. E sara’ proprio questo il tema centrale del nuovo incontro, il quinto, fra Dacic e Thaci, la prossima settimana a Bruxelles.
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