Una riflessione sull’importanza del fenomeno migratorio in Italia, in uscita e in entrata: partiamo dai dati dell’Istat per il 2016. Da una parte le immigrazioni (iscrizioni in anagrafe dall’estero) ammontano a quasi 301mila (+7% rispetto al 2015); circa nove su dieci riguardano cittadini stranieri; dall’altra parte ancora in crescita le emigrazioni (cancellazioni dall’anagrafe per l’estero): nel 2016 sono 157mila (+7% sul 2015).
Le principali mete di destinazione per gli emigrati di cittadinanza italiana si confermano il Regno Unito (21,6%), la Germania (16,5%), la Svizzera (9,9%) e la Francia (9,5%). In aumento i laureati italiani che lasciano il Paese, sono quasi 25mila nel 2016 (+9% sul 2015) anche se tra chi emigra restano più numerosi quelli con un titolo di studio medio-basso (56mila, +11%).
Giova comunque ricordare che negli ultimi dieci anni le immigrazioni in Italia si sono ridotte del 43%, passando da 527mila nel 2007 a 301mila nel 2016, pur sempre tuttavia un numero elevato. Le emigrazioni, invece, sono più che triplicate passando nello stesso periodo da 51mila a 157mila (è bene precisare che stiamo parlando delle emigrazioni registrate regolarmente con l’iscrizione all’AIRE, ma si presume che siano decine di migliaia gli italiani che si recano all’estero per lavoro ma che non si cancellano dall’anagrafe della popolazione residente).
Il punto essenziale che questi dati ci suggeriscono è che è naturale aspettarsi un protrarsi delle pressioni migratorie nei prossimi anni, che lo vogliamo o no. Inoltre l’ineluttabilità e la consistenza di questi movimenti migratori ci devono far riflettere sulle politiche che lo Stato italiano deve attivare per gestire l’impatto umano, economico e sociale di questi fenomeni con riferimento a: mercato del lavoro, politiche assistenziali, tutela dei diritti per coloro i quali si recano all’estero, sicurezza, politiche per la casa, integrazione per chi arriva in Italia, etc.
Le migrazioni sono ridiventate uno dei fenomeni più importanti di questo nuovo secolo, tanto è vero che l’immigrazione in Italia sarà un tema da campagna elettorale che dobbiamo sperare non diventi (ma le premesse ci sono tutte) uno scontro ideologico ma una seria riflessione su come elaborare un equilibrato e competente assetto istituzionale e legislativo per affrontare e gestire al meglio i flussi di persone in entrata e in uscita in modo tale che il fenomeno non rappresenti una minaccia ma una risorsa. Impresa questa non facile considerato che le leggi principali che regolano i flussi migratori in entrata come la Bossi-Fini o la Turco-Napolitano risalgono a oltre 15 anni fa, mentre per quelli in uscita lo Stato italiano ha istituito la legge sull’AIRE nel 1988 ma in tema di tutele sociali per i nostri nuovi giovani emigrati non possiamo vantare adeguate, ampie e coraggiose iniziative e normative.
Noi pensiamo che, proprie le ragioni succitate, uno Stato che vuole garantire il diritto alla mobilità e all’accoglienza, che vuole adottare politiche concrete per far fronte alle nuova sfide demografiche e sociali e vuole gestire la migrazione anche in chiave moderna, attraverso cioè un Governo internazionale e cooperativo, non può fare a meno di istituire un ministero dell’Emigrazione-Immigrazione come garanzia cardine per la gestione, la tutela, il controllo e la guida dei fenomeni migratori.
Un Ministero che provi ad uscire da una concezione ancora emergenziale nell’approccio alle migrazioni al fine di realizzare una nuova fase incentrata da una parte sull’integrazione per chi arriva in Italia e dall’altra sulla tutela internazionale per chi torna ad emigrare.
Marco Fedi e Fabio Porta, deputati Pd eletti all’estero
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