Pubblichiamo qui di seguito la prima puntata di “SPRECOPOLI”, l’inchiesta partita questa settimana sul settimanale Panorama. “Ambasciator porta privilegio”: è questo il titolo dell’articolo firmato da Laura Maragnani. L’inchiesta, alla quale ha collaborato anche il nostro direttore, dà voce anche ai rappresentanti degli italiani nel mondo, in rivolta a causa delle chiusure di consolati e ambasciate. L’articolo di spalla pubblicato sempre su Panorama, intitolato “Consolati addio tra le polemiche”, è firmato proprio da Ricky Filosa. Buona lettura.
Avevano chiesto 15 milioni di euro per il 2014. La commissione Bilancio del Senato gliene ha concessi solo 5. Per forza, direte voi. In questi tempi di vacche magre bisogna stare attenti a tutto, anche al centesimo. Come no? Infatti i 15 milioni che i senatori Claudio Micheloni, Renato Turano, Francesco Giacobbe e Salvatore Tomaselli avevano chiesto di inserire nel patto di stabilità non erano per maggiori spese: erano tagli. Obiettivo: i privilegi di una delle più intoccabili super-caste italiane, quella dei diplomatici.
«In nome del risparmio, il ministero degli Esteri sta tagliando selvaggiamente tutto ciò che riguarda i rapporti con gli italiani oltre confine e la cooperazione internazionale: sedi consolari, uffici, servizi. Si taglia di tutto ma non i privilegi di cui godono i membri del felice piccolo mondo della Farnesina»» si indigna Claudio Micheloni, eletto in Svizzera, primo firmatario dell’emendamento 11.179. Presidente al Senato del Comitato per la questione degli italiani all’estero, Micheloni da anni chiede di finanziare i servizi alle nostre comunità tagliando l’ammontare dell’Ise, la generosissima «indennità di servizio all’estero» di cui godono i dipendenti della Farnesina non appena mettono il naso fuori dall’Italia. Non ce l’ha fatta nel 2012, quando aveva chiesto un taglio del 20 per cento. Non c’è riuscito nel 2013, quando si sarebbe «accontentato del 4 per cento: 15 milioni su 368, un’inezia. Ma per i nostri connazionali all’estero, soprattutto quelli indigenti e privi di assistenza, avrebbe fatto un’enorme differenza».
Gli iscritti all’Aire, l’anagrafe dei residenti oltreconfine, sono 4,5 milioni. Un altro paio di milioni di emigrati non sono iscritti. Il numero è in crescita rapidissima grazie a una ripresa dell’emigrazione che ricorda gli anni Cinquanta. «Abbiamo ragazzi che sbarcano dai pullman in Germania con un biglietto di sola andata e 20-30 euro in tasca, dormono in dieci in una stanza senza bagno, vengono sfruttati dai caporali e mangiano coi buoni pasto della Caritas» racconta Aldo Di Biagio, senatore di Scelta Civica eletto in Europa. «A questi giovani non sappiano dare risposte o assistenza. Non c’è un soldo».
C’è da stupirsi se i nostri emigranti sono in rivolta contro l’Italia matrigna (vedi box)? Se i 18 parlamentari eletti all’estero, già nella scorsa legislatura, avevano avviato un’indagine conoscitiva sulle spese della nostra diplomazia e oggi cominciano a chiedere apertamente una commissione d’inchiesta? Tra la cosiddetta “diaspora italiana” e la Farnesina siamo arrivati alla guerra. Con un ottimo motivo: cherchez l’argent.
Privilegi senza review. Nel 2007, col governo Prodi, quando Massimo D’Alema era ministro, l’argent per la Farnesina era parecchio: 3.278 milioni di euro. Un picco storico. Da allora il bilancio del Ministero degli affari esteri, noto agli intimi come Mae, è sceso notevolmente a furia di tagli; nel 2013 ha raggiunto i 1.980,57 milioni e nel 2014 dovrebbe scendere ancora. Ma i tagli hanno finora riguardato praticamente solo le sedi consolari; sono rimaste intatte, invece, quelle spese fisse che assorbono l’83 per cento del bilancio, cioè stipendi del personale di ruolo, contributi obbligatori alle Nazioni unite (375 milioni nel 2011) e soprattutto l’Ise, l’indennità di servizio all’estero che fa magicamente lievitare le buste paga dei diplomatici.
Sono stipendi già in partenza notevoli, soprattutto per i dirigenti. Oggi il segretario generale della Farnesina, equiparato a un ambasciatore di fascia A, tra stipendio tabellare, retribuzione di posizione, retribuzione di risultato, guadagna un totale lordo di 389 mila 27 euro e 70 centesimi. Il capo di gabinetto del ministro, ambasciatore di fascia B1, supera i 280 mila. I dirigenti del Mae equiparati a ministri plenipotenziari di fascia C1 viaggiano sui 192 mila e quelli di fascia C sui 185 mila, mentre i pari grado dei consiglieri d’ambasciata vanno dai 125 ai 171 mila.
Feluche d’oro. I nostri 916 diplomatici sono tra i meglio pagati al mondo: «Un console con qualche anno di carriera percepisce più di un parlamentare, mentre un ambasciatore prende circa il doppio. E questo quando sono in sede, a Roma» calcola Micheloni. A spanne, cioè, prendono sui 180-200 mila euro netti l’anno. E quando sono in missione all’estero? Oltre al cosiddetto stipendio metropolitano di 108.889 euro (pagato in Italia e tassato al 43 per cento), ricevono esentasse, e dietro semplice autocertificazione, un assegno per gli oneri di rappresentanza che a Parigi, giusto per fare un esempio, è di 125 mila euro l’anno.
Il grosso della torta è però rappresentato dalla famosa Ise, variabile a seconda del ruolo e della sede, cui si aggiungono altre indennità (vedi box), sempre esentasse. Quanto fa in tutto? Da presidente del comitato per gli italiani all’estero, Micheloni s’è fatto qualche idea: «Per i consoli andiamo da 16 a 25 mila euro al mese, netti, che si aggiungono allo stipendio. Per gli ambasciatori si arriva a 40 mila euro».
Un ambasciatore italiano a Londra o a Parigi, sedi non proprio disagiate, può contare su un’Ise di 320 mila euro all’anno, al netto di tasse ed eventuali aggiunte per coniuge (+ 64 mila euro annui) e prole (+16 mila per ogni figlio). E a Parigi di ambasciatori ne abbiamo ben tre (ce n’è anche uno all’Ocse e uno all’Unesco). Quattro ambasciatori sono invece di stanza a Bruxelles. Uno è indispensabile a Strasburgo, per il Consiglio d’Europa, e tre in Svizzera. E via moltiplicando.
Vogliamo farci del male? Il nostro ambasciatore a Berlino porta a casa, solo di extra, più di 30 mila euro netti al mese, mentre Angela Merkel, a capo di 80 milioni di tedeschi, ne guadagna solo 9 mila. L’ambasciatore della regina Elisabetta in servizio a Roma prende un lordo di 110-115 mila sterline l’anno, meno di 140 mila euro. E la Francia? «Lo stipendio degli ambasciatori francesi è circa la metà di quello italiano. L’Ise francese, a seconda delle sedi, va da 6.500 a 25 mila euro mensili; per esempio a Berlino è di 8.500 euro, a Kabul 25 mila» scrive www.Italiachiamaitalia.it.
C’è Ise per tutti. A godere di questi bei privilegi, ovviamente in proporzione all’incarico ricoperto, è tutto il nostro personale all’estero. Compresi gli autisti, così indispensabili al funzionamento delle sedi oltre confine che li trasferiamo dall’Italia a carissimo prezzo. Un semplice impiegato di ruolo, come un archivista di livello B2, ha uno stipendio base in Italia sui 1200-1300 euro al mese, ma basta che riesca a farsi assegnare oltreconfine e può portare a casa dai 5 agli 8000 euro (netti) al mese in più, a seconda della sede e dei carichi familiari.
Un bottino clamoroso, soprattutto se paragonato allo stipendio percepito dal personale a contratto assunto sul posto con legge locale: solo 400 euro al mese in Zimbabwe, ben al di sotto della soglia di povertà, e 250 in India, dove la Farnesina è stata addirittura accusata di discriminazione razziale davanti all’Alta corte di giustizia di New Delhi.
A gonfiare gli stipendi non c’è però solo l’Ise. C’è l’indennità di sistemazione per i nuovi arrivati da Roma e per il loro richiamo: la Farnesina ci ha speso quasi 13 milioni di euro nel 2013. C’è il contributo spese per l’abitazione (3 milioni), le provvidenze scolastiche per i figli, il parziale pagamento delle spese di viaggio per tornare in Italia in congedo o ferie ogni 18 mesi (anche per i familiari a carico), il volo in business class se il viaggio supera le 5 ore, il trasporto gratuito di bagagli, mobili e masserizie … Ai titolari di sede spetta pure un’indennità di rappresentanza a fondo perduto, e per gli ambasciatori c’è una bella residenza di servizio.
Tagliate qui. Districarsi tra tanti privilegi è un’impresa: le spese della nostra diplomazia sono un segreto custodito meglio del terzo segreto di Fatima. Eppure, «basterebbe ridurre l’Ise del 20 per cento per risparmiare circa 80 milioni l’anno, senza mettere i nostri diplomatici in condizione di indigenza. Saranno sicuramente ancora in grado di ben rappresentare l’Italia» ride amaro Micheloni.
Sempre lui, da buon mastino, ha presentato una proposta di legge sulla riorganizzazione della nostra rete diplomatica consolare che potrebbe far risparmiare agilmente «ben 100 milioni l’anno» senza tagliare i servizi alla comunità italiana; anzi migliorandoli, addirittura. In un attimo ha raccolto oltre 50 firme di senatori. Tutti rigorosamente bipartisan. Con la sola eccezione dei grillini. (1-continua)
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