Dopo la vicenda, ancora piena di incognite, dei due marò, c’è ora un ulteriore motivo di tensione fra Italia ed India. Infatti, si è appreso sabato, che due cittadini italiani sarebbero stati rapiti da guerriglieri maoisti a Kandhamal, un distretto nel cuore dello Stato dell’Orissa, nell’India orientale, affacciato sul Golfo del Bengala, zona poverissima e famosa non solo per la produzione di spezie, ma anche perché vi vivono comunità tribali in qualche modo protette, nel senso che solo esse possono avere la proprietà di certe parti di territorio.
Cresce quindi il numero di ostaggi italiani in mano a gruppi armati e dopo Rossella Urru, lo skipper Bruno Pellizzari, il cooperante siciliano Giovanni Lo Porto e Maria Sandra Mariani, ora risultano rapiti anche Paolo Bosusco e Claudio Colangelo: il primo tour operator che gestisce l’agenzia di viaggi "Orissa Adventurous Trekking" ed il secondo “medico missionario” ed ingegnere in pensione, con la passione dei viaggi antropologici e una lunga esperienza nel campo del volontariato.
A rapire i due italiani il leader dei ribelli dell’Orissa, Sabyasachi Panda, che in un audiomessaggio mandato in onda dall’emittente indiana Ndtv ha rivendicato il sequestro spiegando che Bosusco e Colangelo sono stati catturati dopo aver scattato delle ”riprovevoli fotografie a donne che facevano il bagno in un fiume. Abbiamo arrestato due turisti italiani che come centinaia di turisti stranieri trattano la gente locale come scimmie e oggetti ridicoli”, ha detto.
Kandhamal, teatro da anni di un selvaggio sfruttamento delle foresta, la zona in cui è avvenuto quest’ultimo rapimento, è da tempo al centro di feroci scontri sociali.
Conosciuta per essere uno dei centri ad alta concentrazione di naxaliti, cioè di militanti dei movimenti rivoluzionari e terroristi che da queste parti preferiscono farsi chiamare maoisti, è una delle aree più difficili de l’India.
Secondo quanto si apprende dalla rete televisiva indiana Ndtv, i rapitori hanno posto tre condizioni per il rilascio dei rapiti: un riscatto in denaro, la liberazione di alcuni loro compagni di lotta e la cessazione dell’operazione chiamata dai media indiani Green Hunt , cioè dell’ offensiva paramilitare che il governo di Delhi ha lanciato contro il movimento maoista a livello nazionale e che ha già causato migliaia di morti anche fra i civili, senza nessun concreto risultato.
I Maoisti dicono di combattere per i diritti dei poveri e dei senza terra e compiono attacchi nelle zone orientali e centrali dell’India, dove la loro presenza assommerebbe a non meno di 20.000 unità.
Le loro azioni terroristiche, rapimenti, incendi, attacchi ai treni ed agguati all’esercito regolare, sono il problema di sicurezza interna più preoccupante dell’India, come ha detto di recente il primo ministro Manmohan Singh, al quale per altro non mancano altre preoccupazioni come la violenza nel Kashmir, il terrorismo islamico interno e le rivolte nel Nordest.
Considerazione che dà il segno di quanto sia preoccupata Delhi dell’espandersi dell’attività dei naxaliti, nel cosiddetto “Corridoio Rosso” o “Corridoio Maoista”: una striscia che costeggia la costa Est, dal Bengala fino quasi a Chennai (la ex Madras). Secondo alcuni studiosi, i maoisti influenzerebbero le situazioni politica e sociale di un terzo dell’India ed ora, dopo questo primo rapimento di stranieri, anche la sua politica estera.
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