La sconfitta alle comunali di Genova non dovrebbe essere affrontata con superficialità dai vertici dei partiti di governo, perché è la spia di un malessere molto più diffuso di quanto si possa pensare e che verrà alla luce con tutte le sue conseguenze già al prossimo e più importante turno amministrativo del 2026.
Non si deve nascondere la verità: là dove il centro-sinistra, allargato dal M5S ad “Azione”, si presenta compatto e con un candidato credibile vince (e vincerà) quasi sempre.
I progressisti si confermano ancora una volta una coalizione urbana, a proprio agio nelle città: delle prime dieci città italiane ben otto sono guidate dal centrosinistra e le uniche eccezioni sono in Sicilia, a Palermo e Catania. E se si allarga lo sguardo alle prime trenta, soltanto sette città sono amministrate dal centrodestra.
A livello locale non servono evidentemente le logiche politiche romane, dove le capacità della Meloni riescono a coprire dissensi ed insufficienze altrimenti ancor più evidenti.
La verità è che la struttura dei partiti di governo spesso in periferia non esiste più e mostra tutti i suoi limiti quando si deve votare a livello locale dove – per vincere – servono donne e uomini credibili, ma anche una struttura decentrata capace di presentare dei candidati di qualità nelle liste e nei posti di responsabilità.

Invece, nella realtà di base di quasi tutti i partiti italiani, è impressionante la povertà di valore dei dirigenti locali e se a sinistra (PD) si riesce comunque a far emergere un maggior numero di persone credibili ciò avviene soprattutto attingendo nel terzo settore, nel mondo del volontariato e delle associazioni, oltre che dalla rete di gestione del potere ben radicata in alcune regioni storicamente “rosse”.
Ciò non avviene a destra anche perché per governare una città non serve avere solo un sindaco ma anche una sua squadra, di solito assente, in grado di remare controcorrente trovandosi davanti un apparato più o meno ostile e ben strutturato.
Tutto ciò è frutto di anni di trascuratezze, di mancanza di rinnovamento, ma anche della presunzione dei leader che la gente voti “comunque” e che quindi non va interpellata sui candidati locali.
E’ una strada profondamente sbagliata pensare che le “primarie” non possano essere una vetrina anche propagandistica per identificare e costruire candidature locali e si insiste invece con scelte calate dall’alto, sostanzialmente infischiandosene della credibilità o meno dei candidati proposti.
Se qualcuno avesse la bontà di approfondire i risultati amministrativi degli ultimi anni scoprirebbe che ci sono stati diversi casi in cui il centro-destra ha perso perfino più della metà dei suoi voti nella stessa giornata tra voto politico ed amministrativo, per esempio alle europee dell’anno scorso rispetto alle contemporanee elezioni comunali.
E non parliamo dei ballottaggi amministrativi dove l’affluenza cala vistosamente e quasi sempre a danno del centro-destra.
Non potendo (o volendo) pensarci prima si arriva poi regolarmente all’ultimo momento presentando a destra candidati perdenti. Non si vince senza selezionare per tempo delle candidature serie, magari sentendo anche il parere preventivo dei propri elettori, ma i mesi corrono, nessuno ci pensa salvo parlare (male) del vicino per arrivare poi a rispolverare all’ultimo minuto qualche illustre sconosciuto (qualcuno si ricorda il nome dell’ultimo candidato di centro-destra a sindaco di Milano?) o ricorrendo a qualche esponente politico di vertice, ma che non ha avuto il tempo o la voglia di radicarsi sul territorio.
Diventare sindaco presuppone un lungo, paziente, silenzioso lavoro di preparazione e di studio, non bastano gli spot o la notorietà dell’ultimo minuto, né tantomeno “paracadutare” qualche nome conosciuto ma vergine di esperienza: un buon chirurgo o una cantante o un campione sportivo non diventano automaticamente un buon sindaco e la prova lo si è visto proprio a Genova dove la candidatura di Silvia Salis è stata preparata con mesi di programmazione ed il risultato non è mancato, anche là dove pochi mesi prima il centro-destra aveva vinto alle “regionali”.
Purtroppo queste cose si scrivono da sempre ed è difficile sperare che da Genova arrivi una “sveglia”, ma è comunque giusto suonarla lo stesso.