A trent’anni dalla sua fondazione, la Fusie ha chiamato a Roma gli operatori dell’informazione italiana all’estero per discutere sul futuro di un settore regolamentato da leggi ormai fuori tempo, ma soprattutto per elaborare proposte concrete da affidare agli interlocutori istituzionali e politici.
“Il futuro della Stampa Italiana all’Estero e il sostegno pubblico” il titolo dato al seminario svolto oggi nella sala conferenze dell’ex Hotel Bologna, una delle sedi del Senato, a Roma. Organizzato in collaborazione con la Federazione Nazionale della Stampa Italiana e con il patrocinio della Presidenza del Consiglio – Dipartimento per l’Editoria e del Ministero degli Esteri – DGIEPM, il seminario ha visto la partecipazione di giornalisti ed editori provenienti da 13 Paesi diversi e da quattro continenti, in rappresentanza di circa quaranta testate. Al dibattito sono intervenuti anche parlamentari eletti all’estero, Alberto Rossi del Dipartimento Editoria della Presidenza del Consiglio, il consigliere Maurizio Antonini, capo dell’ufficio II della Dgiepm, e Franco Siddi, segretario della Fnsi e consigliere Cgie.
Ad introdurre i lavori il presidente onorario della Fusie Domenico De Sossi che per primo ha ricordato il trentesimo anniversario della Federazione, fondata nel 1982 "alla presenza del Ministero degli Esteri e della Presidenza del Consiglio, che oggi abbiamo qui con noi". I primi 30 anni della Fusie quasi coincidono con la emanazione della prima legge sull’editoria, datata 1981. La legge (416/1981 – Disciplina delle imprese editrici e provvidenze per l’editoria) era "adeguata ai tempi" e "rifletteva il momento storico in cui è nata così come il clima politico di allora". Ecco perché, ha spiegato, le disposizioni sulla stampa italiana all’estero prevedevano – e lo fanno tutt’ora – che i giornali editi all’estero si debba scrivere di "fatti italiani e dei problemi del lavoro italiano all’estero".
Per De Sossi la 416 "era una buona legge per l’epoca" e "ha avuto una interpretazione piuttosto liberal". Ma, ha aggiunto, "le crepe, le incongruenze, le manchevolezze non l’hanno adeguata ai tempi".
Di riforma dell’editoria, ha ricordato, "si parla da 30 anni", ma sempre, quando si tratta questo tema, la questione stampa all’estero "rimane marginale e viene affidata a norme transitorie, di rinvio. E forse non è un male", ha aggiunto, perché "va fatta una riflessione su quale tipo di legge va fatta" tenendo presente la "particolare natura" di questa stampa "fatta di piccole voci e di piccoli editori". Una stampa che, ha denunciato De Sossi, sembra sottoposta "a libertà vigilata", gravata com’è da "un controllo estremo del Mae: tra i giudizi dei Consolati e i pareri dei Comites a volte si è dato adito a distorsioni gravissime", per De Sossi da eliminare.
Dunque con un quadro normativo che rimanda al 1981 per la legge sull’editoria e al 1983 per il regolamento di attuazione (15 febbraio 1983, n.48 – Norme di attuazione dell’art.26 della legge 5 agosto 1981, n.416, concernente disciplina delle imprese editrici e provvidenze per l’editoria, in materia di contributi per la stampa italiana all’estero), per De Sossi "la Fusie ha ancora un senso e merita di essere la rappresentanza unitaria della stampa italiana all’estero, anche se si muove con difficoltà e in solitudine" chiamata oggi a "meditare su una legge-quadro che difenda anche le piccole voci".
"Passione e meno calcoli" devono continuare ad animare gli operatori della informazione italiana all’estero per il Presidente della Fusie, Giangi Cretti, che ha voluto ringraziare il contributo, anche economico, dato dalla Dgiepm e dai gruppi Pd, Pdl e Udc del Senato, al seminario. "Segno di una certa attenzione a questi temi", ha commentato, nonostante "lo scenario attuale italiano" in cui "l’emergenza tiene banco" e in cui, quindi, "non siamo certo una priorità". Uno stato di cose di cui anche gli italiani all’estero, i loro rappresentanti e la loro stampa hanno responsabilità perché "non siamo riusciti a comunicare che l’Italia fuori confini è importante per quella dentro i confini nazionali. Ne è testimonianza il dibattito sul voto all’estero qui in Senato".
Entrando nel merito, Cretti ha sottolineato come sia "cambiato il modo di fruire e di produrre informazione", così come "ci sono nuovi protagonisti grazie al web, che ha potenzialità grandi ma anche pericolose" perché "consente a tutti di mettere in rete qualsiasi cosa. E la credibilità delle fonti? La verifica? Spesso è solo uno spazio per gli sfoghi di qualcuno che fa esercizi di stile".
"La stampa che ha dato vita alla Fusie – ha proseguito – è in una fase di transizione che dura da troppo tempo, ha quasi completamente esaurito il suo ruolo di servizio per gli italiani all’estero che gli era stato affidato ai tempi della prima emigrazione e che era succedaneo a quello statale". Ma, "superata questa fase, non è riuscita a ridefinirsi, distratta dalla volontà di sopravvivere nella convinzione che la sopravvivenza sia una necessità".
"Ci battiamo per il contributo pubblico che è ancora essenziale", ha aggiunto Cretti. Ad oggi, in Parlamento, "ci sono proposte che dovrebbero trasportarci in un 2014 dive tutto sarà nuovo, ma sono decreti delega che riguardano la stampa italiana e che toccano, marginalmente solo i pochi quotidiani all’estero, senza considerare la realtà dei periodici".
Dunque,"qualcosa si sta muovendo ed è importante che siamo partecipi della riflessione" consapevoli delle "insofferenze e precarietà reali" che negli ultimi anni hanno portato alla chiusura o al ridimensionamento di molte testate.
Una riflessione, ha puntualizzato Cretti, che deve essere realistica perché "fare bella figura con una proposta irrealizzabile non ci interessa". Dunque la Fusie deve poter capire "come i contributi debbano e possano erogati alla stampa italiana all’estero" nella consapevolezza che "la legge dell’81 ormai è inadeguata" perché "non corrisponde più alla realtà" e perché, negli anni, "non c’è stata la dovuta trasparenza".
"Noi – ha sottolineato con forza – siamo per il rigore e il controllo. Noi siamo per le regole che, però, deve rispettare anche il vigile".
"Il regolamento – ha spiegato – stabilisce che i contributi vengano erogati con un mero calcolo matematico in base a 5 voci: il 10% va a tutti gli ammessi alla ripartizione; i rimanenti 4 volte 22% vengono erogati in base alle effettive uscite, al numero di pagine, alla tiratura, alla natura "informativa" della testata. Ed è su quest’ultimo che vota la Commissione. Ma i dati della Presidenza del Consiglio ci dimostrano che le stesse testate che figurano più volte, perché edite in Paesi diversi, hanno votazioni diverse! Cosa significa? Che dietro c’è poca cura". E allora, ha ribadito Cretti, "discutiamo questa ripartizione, consegniamo proposte ai parlamentari e agli interlocutori istituzionali. Una valutazione va fatta anche sul fatto che la stampa italiana all’estero, sia periodica che quotidiana, rappresenta delle specificità che forse non si possono rinchiudere in una legge complessiva sull’editoria italiana. I quotidiani soggiacciono alla legge italiana, che non riconosce la loro peculiarità".
Dunque pensare a come affrontare gli anni a venire, dando indicazioni precise che regolino l’azione della Commissione della Presidenza del Consiglio. Questa, ha ricordato, il 9 maggio 2012 si è riunita per valutare i contributi del 2010, che, ha auspicato Cretti, dovrebbero essere erogato entro fine dell’anno. "La Commissione ha preso in considerazioni più di 100 testate: 80 sono state ammesse, 40 e oltre escluse, la motivazione il più delle volte riguarda i contenuti che però sono fermi a 30 anni fa! E ancora: è ancora giusto prevedere i contenuti solo in italiano? Sono convinto che la stampa italiana all’estero serva a mantenere e a diffondere la conoscenza della lingua, ma – si è chiesto concludendo – è giusto escludere un giornale scritto più in lingua locale che in italiano?".
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