Approvato in via definitiva, con il sì della Camera dei Deputati, il cosiddetto decreto cittadinanza, che limita fortemente la trasmissione della cittadinanza italiana ius sanguinis.
Acquisire la cittadinanza italiana sarà più complicato, anche per i discendenti di cittadini italiani che sono nati all’estero.
Solo chi ha almeno un genitore o un nonno nato in Italia sarà cittadino dalla nascita, dunque sarà possibile ottenere la cittadinanza solo per due generazioni e non oltre.
Le nuove norme sono contenute in un decreto, già licenziato dal Senato e non modificato dalla Camera, che lo scorso 20 maggio è stato approvato definitivamente con 137 voti favorevoli, 83 contrari e 2 astenuti.
Le opposizioni hanno votato contro quella che Elly Schlein, definisce «una stretta incomprensibile». E quindi «agli italiani all’estero bisogna dire che il governo sta rubando il diritto alla cittadinanza dei loro nipoti», dice ancora la segretaria del Pd, ricordando che «abbiamo sempre avuto un grande rapporto e rispetto della diaspora e di chi ha portato l’Italia in giro per il mondo con tanti sacrifici».
La maggioranza sostiene invece che i limiti siano stati imposti per evitare il diffondersi di abusi da parte di persone che – avendo avi italiani, distanti di generazioni – ottengono la cittadinanza pur non avendo, di fatto, connessioni con il Paese.
Voto contrario del MAIE, il Movimento Associativo Italiani all’Estero fondato e presieduto da Ricardo Merlo, sia al Senato che alla Camera.
Il provvedimento prevede una stretta sugli italodiscendenti nati all’estero, che saranno automaticamente cittadini per ius sanguinis per due generazioni: solo chi ha almeno un genitore o un nonno nato in Italia potrà essere cittadino italiano dalla nascita.
Genitori o nonni che devono avere, o avere avuto al momento della morte, solo la cittadinanza italiana o la residenza in Italia almeno da 2 anni prima della nascita del figlio.
Non ottiene la cittadinanza chi, nato all’estero, la ha già di un altro Paese.