Roma – La circoscrizione estero è ormai un patrimonio acquisito e da preservare, a dispetto di quanti ne profetizzano l’abolizione. Il sottosegretario agli Esteri Mario Giro non ha dubbi sull’argomento e, all’indomani del suo rientro dal viaggio in Brasile, l’ultimo dei tanti compiuti negli ultimi mesi in Sud America, torna a parlare della circoscrizione estero con ItaliaChiamaItalia ribadendo che, pur non essendo esplicitamente presente nel dibattito sulla riforma del voto, nessuno potrà ipotizzarne la scomparsa. Candidato, e non eletto, alle ultime elezioni con Scelta Civica, Mario Giro è stato chiamato a ricoprire il ruolo di sottosegretario agli Esteri nel governo Letta dopo anni di lavoro nella comunità di Sant’Egidio e nel dialogo religioso internazionale.
Dopo Messico e Argentina, anche il Brasile. I suoi viaggi in Sud America hanno prodotto accordi utili alla nostra imprenditoria? Quanto conta coltivare i rapporti con i nuovi paesi in crescita?
“È fondamentale far crescere gli scambi tra il nostro paese e il Sud America, dove sono presenti tanti nostri connazionali. È bene sottolineare, però, che in quel continente ci troviamo davanti a due problemi distinti e differenti, anche se possono apparire uniti tra loro. In primo luogo, ci troviamo di fronte alla necessità di coltivare le nostre relazioni sia con le con potenze emergenti maggiori, come ad esempio il Brasile, sia con i paesi di economia ‘media’ come, ad esempio, il Perù. È importante che l’Italia sia presente con le sue imprese ancora più di quanto non lo sia oggi. Le nuove frontiere dello sviluppo ci impongono il dovere di essere competitivi e presenti. In questo senso, è fondamentale esportare il nostro know how imprenditoriale e diventare parte attiva nello sviluppo di determinati territori. Tutto ciò è stato già fatto, in parte, ora dobbiamo proseguire e rafforzarci su questa strada”.
Qual è il secondo problema?
“Il secondo nodo della questione riguarda il modo con il quale gestire i rapporti con le nostre comunità locali che, proprio nei paesi sudamericani, sono molto grandi e arrivano a possedere una valenza storica poiché hanno preso parte nella costruzione stessa dei paesi di accoglienza. Siamo chiamati a delineare una nuova strategia utile a relazionarci nel giusto modo con queste comunità, tenendo ben presente quel principio secondo il quale ‘il numero è potenza’. I nostri connazionali sono tanti e ricoprono già un ruolo centrale nelle società sudamericane, è giunto il momento di sfruttare questa esperienza storica”.
Quali sono le problematiche di maggiore urgenza che ha riscontrato nelle comunità incontrate durante i suoi recenti viaggi?
“Insieme alla volontà di sfruttare la presenza numerica dei nostri connazionali, ritengo sia necessario guardare alle nuove generazioni. Le collettività italiane del Sud America sono molto particolari e variegate poiché formate dalla cosiddetta ‘vecchia emigrazione’, dai figli di questa prima generazione e dai nuovi arrivati. Tutti, dai più anziani ai giovani, dimostrano di essere fortemente legati al paese di origine, anche chi è nato lì ed appartiene alla terza o alla quarta generazione. Questo legame deve essere trasformato in qualcosa di solido e produttivo, anche dal punto di vista economico, altrimenti non ha alcun senso”.
Con quale dei paesi visitati esiste un rapporto più solido e proficuo?
“Si è fatto molto per il Messico, con il quale esistono una grande vicinanza e molte opportunità di interazione. C’è poi la tradizionale amicizia con Brasile e Argentina, che rappresentano i grandi mercati. Ora, inoltre, stiamo aprendo a paesi medi come Colombia e Perù, anche in questo caso siamo già presenti e possiamo esserlo ancora di più”.
Quali settori della nostra imprenditoria beneficeranno maggiormente degli incontri organizzati nel continente sudamericano e degli accordi raggiunti?
“Tra i settori interessati, una rilevanza importante è rappresentata dall’energia. Enel è ormai una potenza continentale, insieme a marchi come Fiat, Pirelli o Ferrero. Questi sono i colossi consolidati, ai quali dobbiamo affiancare settori ancora di nicchia ma che hanno le potenzialità per crescere. Sono le aree commerciali che rappresentano il made in Italy come, ad esempio, tutto ciò che è legato al design, all’abbigliamento e all’alimentazione. In questi campi possiamo fare moltissimo ma dobbiamo insediarci all’interno di queste economie e, proprio dal’interno, diventare sempre più predominanti”.
Come prevedete di operare? Quali azioni concrete avete in programma per sostenere non solo i grandi nomi come Enel, ma anche le pmi del made in Italy?
“Va proprio in questo senso ‘Destinazione Italia’, già annunciata e presentata di recente dalla Farnesina. A questo documento voglio aggiungere una riflessione sulla cultura italiana. Per affermare la propria presenza in un altro paese è importante passare per la diffusione culturale e, in questo senso, la lingua è il primo strumento, un tramite importante per veicolare la cultura. Si dimentica troppo spesso che la lingua italiana è conosciuta e parlata in tutto il mondo, è la quarta lingua più studiata a livello globale e deve essere promossa. Se leghiamo la lingua, ad esempio, ai flussi di turismo riusciremo ad avere un ritorno tangibile per la nostra economia. Pensiamo a tutte le classi medie che vogliono viaggiare e hanno fame di consumi culturali, tutto questo non può essere ignorato”.
Proprio a proposito della lingua italiana, pochi mesi fa scrisse un intervento sulle pagine de Il Sole 24 ore nel quale denunciava il declino della Dante Alighieri che, mentre le sedi estere crescono, in Italia accumula debiti. Nel mondo sono più abili nel promuovere la nostra cultura? Non sarebbe più facile prendere esempio dall’estero?
“La Dante Alighieri è solo uno dei tanti esempi di promozione da sostenere. Penso anche agli istituti di cultura e alle scuole italiane. Le quattrocento associazioni che fanno parte della Dante se la cavano, ma ormai il centro è sotto finanziato. Dobbiamo rimettere a gestione il sistema e offrire un ottimo livello di insegnamento della lingua italiana. Gli inglesi vivono sull’affermazione della propria lingua, noi dobbiamo almeno tentare di raggiungere questo traguardo”.
Le sedi estere della Dante, però, sono organizzate come realtà indipendenti e, di conseguenza, possono ricevere finanziamenti e donazioni dai privati, a differenze di quanto accade in Italia. Continuare ad essere legata al pubblico non porterà la lingua italiana al declino, più che alla rinascita?
“L’Italia deve ricordarsi che la Dante Alighieri è una creazione di Giosuè Carducci e deve rimanere patrimonio pubblico. Oggi riceve 600mila euro annui, sono troppo pochi rispetto a quanti ne servirebbero per il reale funzionamento. Si tratta di una realtà che viene, a volte, sottovalutata e sottostimata”.
Anche la circoscrizione estero è spesso sottostimata, al centro degli attacchi di chi vorrebbe eliminarla. Per quale motivo non si parla mai di voto estero nel dibattito sulla riforma elettorale?
“La circoscrizione non sarà assolutamente abolita, nessuno la toccherà nè potrà farlo poiché si tratta di un’innovazione importante e ormai acquisita, ha portato voci nuove in Parlamento e questo è solo uno dei suoi meriti, dobbiamo tenercela stretta. Certo, bisogna rivedere il meccanismo dal punto di vista tecnico, la circoscrizione estero è un nostro patrimonio e non la tocca più nessuno”.
Lei è, da sempre, impegnato nel dialogo religioso e vicino al mondo cattolico. Che cosa pensa dell’accusa di corresponsabilità per gli abusi su minori rivolta alla Chiesa dalla commissione Onu?
“Si tratta di questioni legate alle relazioni tra le Nazioni Unite, i loro paesi membri e la Santa Sede che, a mio avviso, ha già risposto ampliamente. Si sapeva già da tempo di questa visione dell’Onu ma l’annuncio ufficiale ha avuto, naturalmente, una certa ricaduta in Italia”.
Ancora a proposito di esteri, la Farnesina ha aggiornamenti sulla vicenda dei marò? Ritiene che si stia facendo abbastanza? Il Mae non sta seguendo una linea troppo attendista?
“Sulla questione dei marò posso dire solo che è paradossale che siano passati tutti questi mesi senza alcun capo d’imputazione. La Farnesina si muove sempre con attenzione per ottenere il risultato finale, che è la salvezza dei nostri connazionali”.
Il dibattito è incentrato sui marò e ci si dimentica, spesso, dei tanti altri connazionali detenuti nel mondo. Ci sono sviluppi sulla questione dell’imprenditore edile Roberto Berardi detenuto nella Guinea Equatoriale che, in un video al Tg1, ha denunciato di essere stato frustato e bastonato?
“Al momento non posso dire nulla su questa vicenda della quale l’Italia si sta naturalmente occupando, così come fa con i tanti altri casi, Giovanni Lo Porto rapito in Pakistan, ad esempio. Parecchi italiani, nel mondo, si trovano in carcere e si tratta spesso di situazioni gravi che l’Italia segue con attenzione attraverso i suoi meccanismi. Ripeto, la Farnesina segue da sempre con molto riserbo queste vicende poiché questa si è dimostrata sempre la strada giusta per salvare la vita ai nostri connazionali”.
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