Tutto ciò che è stato lo ritroviamo nell’aneddoto ricordato subito dopo la sua morte da Felice Laudadio (critico cinematografico ed ex direttore del Festival di Venezia): “Una volta gli ho fatto i complimenti perché era sempre freddo davanti ai problemi, ma lui ha subito replicato: ‘Sono io che invidio te, perchè tu li butti fuori mentre io, a tenerli dentro, mi sono fatto venire l’ulcera”. Carlo Lizzani si è tolto la vita all’inizio di un autunno freddo e piovoso, a 91 anni, ed ora il mondo ci sembra più piccolo. Si era innamorato del cinema giovanissimo e da subito aveva sposato l’idea che quel mezzo, più e meglio di altri, potesse insegnare, raccontando delle storie.
Si è buttato dal terzo piano della sua casa in Prati, a Roma, la città dove era nato e dove aveva iniziato a lavorare come sceneggiatore di autori del calibro di Vergano, De Santis, Rossellini e Lattuada nel periodo neorealista e dove aveva esordito, dietro la macchina da presa, nel 1950 con ‘Nel Mezzogiorno qualcosa e’ cambiato’, seguito da ‘Achtung’, l’anno successivo. Poi, in successione, ‘Cronache di poveri amanti’ , tratto dall’omonimo libro di Vasco Pratolini del 1954, ‘Il processo di Verona’ del 1963, ‘Banditi a Milano’ del 1968, ‘Crazy Joe’ del 1973, ‘Mussolini ultimo atto’ del 1974 e ancora di ‘Storie di vita e malavita’ del 1975, ‘Fontamara’ tratto dall’omonimo libro di Ignazio Silone nel 1977, ‘La casa del tappeto giallo’ (1983), ‘Mamma Ebe’ (1985), ‘Caro Gorbaciov’ (1988), ‘Cattiva’ (1991), ‘Celluloide’ (1995), ‘Hotel Meina’ (2007), oltre agli sceneggiati televisivi ‘Nucleo Zero’ (1984), ‘Un’isola’ del 1986 e ‘La trappola’.
Nel cinema lui ha sempre creduto, anche quando ha scritto una memorabile ‘Storia del cinema italiano’, quando ha diretto (dal 1979 al 1982) il Festival del Cinema di Venezia e, più di recente, con la pubblicazione della raccolta di suoi scritti di vario genere, intitolata: ‘Attraverso il Novecento’, in cui trovano posto aneddoti sul mondo del cinema neorealista italiano, e, nel 2007, l’autobiografia ‘Il mio lungo viaggio nel secolo breve’, dove ci mostra il suo volto più autentico, di appassionato narratore del novecento: voce riflessiva del nostro cinema, in cui ha sempre inserito note sulla politica e sulla storia che tanto lo appassionavano. (CDS)
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